Camorra e ‘ndrangheta: patto con boss, 19 arresti

Legami con Mafia Capitale. A Roma spaccio gestito come a Scampia. ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – Piazze di spaccio strutturate sul modello tipico di Scampia, punizioni ai pusher ‘infedeli’, disponibilità di armi e fiumi di cocaina. Smantellati dai carabinieri del Comando provinciale di Roma due gruppi criminali, uno a connotazione camorristica e l’altro in contatto con esponenti delle cosche della ‘ndrangheta, che operavano nella Capitale. 19 gli arresti (16 in carcere e 3 ai domiciliari). Tra loro una donna e Arben Zogu, di origini albanesi, noto negli ambienti ultras della Lazio e considerato vicino a Massimo Carminati.

Le accuse sono a vario titolo di associazione finalizzata al traffico illecito di cocaina, aggravata dall’uso delle armi, spaccio di droga. A due degli arrestati viene anche contestato il reato di lesioni gravi, commesse con arma da fuoco e con modalità mafiose.

L’operazione è scattata all’alba con perquisizioni nelle province di Roma e Napoli. Circa 200 i carabinieri impiegati, con l’ausilio di elicotteri e di unità cinofile, che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Arrestate nel corso delle perquisizioni di oggi altre 2 persone in flagranza di reato: una per detenzione ai fini di spaccio, l’altra perché in cucina aveva un fucile a canne mozze.

Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno accertato l’operatività di due distinte organizzazioni, entrambe armate e dedite al narcotraffico, in stretta sinergia tra loro, di cui una di tipo mafioso a connotazione camorristica, capeggiata dai fratelli Salvatore e Genny Esposito, figli di Luigi detto ‘Nacchellà, considerato storico esponente del clan Licciardi e braccio destro di Gennaro detto ‘a scigna’, e l’altra con a capo Vincenzo Polito, che si avvaleva della collaborazione di esponenti delle cosche di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria, le famiglie Filippone e Gallico, presenti nella Capitale.

I ‘rampolli’ Esposito avrebbero avrebbero strutturato la gestione principale piazza di spaccio di San Basilio, via Maiolati, sul modello tipico di Scampia: con “capi piazza”, vedette e numerosi pusher ai quali veniva imposto l’esclusivo approvvigionamento della droga dal sodalizio e per chi non ubbidiva ci sarebbero state punizioni. A quanto accertato, tre pusher ‘infedeli’ vennero gambizzati nel 2015. Un cugino dei fratelli Esposito, gestore della piazza, si sarebbe perfino tatuato sul braccio i loro diminutivi ‘Sasà’ e ‘Genny’ accompagnati dalla scritta “mejor morir que traicionar”(“meglio morire piuttosto che tradire).

I fratelli Esposito si sarebbero trasferiti nella Capitale dopo un patto stretto, durante un incontro in una casa di cura della Capitale, dal padre Luigi con il boss Michele Senese. Hanno vissuto in appartamenti di lusso ai Parioli, girato in Lamborghini e gravitato nella zona di Ponte Milvio dove si sarebbero avvalsi di gruppi di albanesi per l’approvvigionamento di droga e come loro ‘braccio armato’. “Questa indagine conferma, ancora una volta, che la droga è il vero motore di criminalità e mafie” ha commentato il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, il generale Antonio De Vita.

(di Chiara Acampora/ANSA)

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