Pd: Renzi punta a tutte le cariche del partito. Zingaretti in campo

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ROMA. – La scelta dei capigruppo alla Camera e al Senato, e quella dei presidenti delle commissioni che spettano alle opposizioni, hanno riacceso le tensioni nel Pd tra renziani e le altre correnti, che il reggente Maurizio Martina dovrà far rientrare per evitare spaccature la prossima settimana, al momento di eleggere i due presidenti dei gruppi.

A Renzi, che ancora non si è registrato, è stato assegnato uno studio in quanto ex presidente del Consiglio: sarà a Palazzo GIustiniani, insieme agli studi dei senatori a vita, e non nell’ex Hotel Bologna dove sono i normali senatori. Ma al di là di questa curiosità l’ex premier intende esercitare la leadership sui nuovi gruppi parlamentari, attraverso i presidenti che verranno eletti.

I nomi proposti sarebbero Andrea Marcucci al Senato, un renziano doc, e Lorenzo Guerini alla Camera, sì renziano ma non dello stretto giro, considerato uomo di dialogo. Una soluzione che non piace alle minoranze, come quelle di Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano, ma anche ad altre aree che pure hanno appoggiato finora Renzi. Anche perché questi avrebbe proposto anche due esponenti a lui vicini (Maria Elena Boschi e Luca Lotti) per le commissioni spettano all’opposizione: la Vigilanza Rai e il Copasir.

Le minoranze hanno ricordato che Bersani, quando vinse il congresso propose Dario Franceschini, suo avversario alle primarie, come capogruppo, e nella scorsa legislatura volle solo il capogruppo alla Camera (Roberto Speranza) e non anche al Senato. Insomma si chiede un equilibrio anche in vista dei futuri assetti che usciranno dall’Assemblea nazionale.

In ballo ci sono poi le presidenze delle Giunte per le Elezioni e per le Autorizzazioni a Procedere della Camera e quella unica del Senato, e un vicepresidente in ciascuna delle due Assemblee. Martina, che oggi ha riunito la segreteria, tenta una mediazione. Ruolo arduo finchè il Pd non deciderà se eleggere un segretario in assemblea o fare il congresso.

Per ora l’assemblea non è ancora stata convocata e prende piede l’ipotesi che possa essere rinviata rispetto a una concomitanza con le consultazioni del Quirinale. Un rinvio per evitare di terremotare ancora di più un partito già scosso.

Non si ferma invece Nicola Zingaretti, in campo per la guida. Il governatore del Lazio ha lanciato, dal Foglio, il suo Manifesto per “rigenerare” il Pd, che colloca all’opposizione pur avendo “coscienza che l’elettorato che si è spostato sui vincitori è in grande parte un nostro elettorato che progressivamente dobbiamo saper riconquistare e con il quale dobbiamo instaurare un dialogo”.

Sulle cariche il confronto si è fatto così ruvido che alcuni esponenti delle minoranze hanno minacciato, nel caso in cui si arriva alla conta sui capigruppo e Renzi si impone con la forza, per le presidenze di Copasir, Vigilanza e delle Giunte essi si potrebbero mettere d’accordo con M5s e Lega che sarebbero ben felici di dare una nuova botta all’ex leader spaccando i Dem.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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