Svolta Trump, sanzioni a Mosca per le interferenze

WASHINGTON. – Incalzato dal caso dell’ex spia russa avvelenata in Gran Bretagna e dalle pressioni interne di Congresso e intelligence, Donald Trump vara le sue prime sanzioni contro Mosca. Per ironia dello sorte, accade nello stesso giorno in cui il New York Times rivela che il procuratore speciale del Russiagate, Robert Mueller, ha emesso un mandato ordinando alla Trump Organization di consegnare tutti i documenti sulla Russia e sui vari capitoli d’indagine, con una prima mossa direttamente legata agli affari del tycoon che porta l’inchiesta sempre più vicina al presidente.

Trump agisce con oltre un mese e mezzo di ritardo sulla scadenza della legge approvata a stragrande maggioranza dal Congresso per punire le interferenze di Mosca nelle elezioni e che lui aveva firmato malvolentieri. L’occasione gli viene data dalla bufera che si sta abbattendo sul Cremlino con la reazione compatta dell’Occidente. “Sembra che dietro ci siano i russi”, ha ripetuto alla Casa Bianca senza infierire su Mosca, con una prudenza ormai abbandonata nei comunicati della Casa Bianca e nell’intervento all’Onu dall’ambasciatrice Nikki Haley.

Difficile però chiamarsi fuori, attendere, mentre pure gli 007 americani ammoniscono che in assenza di una risposta Mosca continuerà a interferire, a partire dalle elezioni di midterm. Ecco quindi servite le prime sanzioni come messaggio politico, anche se appaiono tardive, scontate e poco dannose, tanto che il segretario al Tesoro Usa Steve Mnuchin si è riservato ulteriori misure contro dirigenti e oligarchi russi ritenuti “responsabili per le loro attività destabilizzanti, tagliando il loro accesso al sistema finanziario Usa”.

Nel mirino, per ora, 19 russi e cinque entità russe, tra cui l’Fsb e il Gru, le due principali agenzie di intelligence di Mosca. Dei 19 individui, 13 sono già stati accusati dal procuratore speciale Robert Mueller nell’ambito del Russiagate: Trump si fa così scudo dell’inchiesta che lo minaccia, anche se paradossalmente significa riconoscere la paternità russa delle interferenze su cui il tycoon aveva mantenuto sempre un certo scetticismo.

Si tratta dell’oligarca della ristorazione Ievgheni Prigozhin, soprannominato lo ‘chef di Putin’, e di 12 suoi dipendenti alla Internet Research Agency (Ira), la ‘fabbrica di troll’ di San Pietroburgo accusata di aver orchestrato la disinformazione di massa online durante le presidenziali Usa.

Gli altri sei messi all’indice sono dipendenti dell’Fsb (l’erede del Kgb), cui è attribuita una serie di cyberattacchi contro giornalisti e oppositori russi, politici stranieri, dirigenti, militari e diplomatici Usa. Nella blacklist anche il Gru: il servizio spionistico militare è ritenuto responsabile non solo delle interferenze elettorali ma anche di NotPetya, il più dannoso cyberattacco della storia.

Mosca sta preparando le sue contromisure alle sanzioni Usa, ma forse teme di più le prossime, se ci saranno. Il vice ministro degli Esteri russo, Serghiei Riabkov, le contestualizza nella lotta politica interna Usa e nelle presidenziali russe di domenica. Ma di certo rischiano di congelare a lungo la nuova primavera russo-americana agognata da Trump.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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