Minniti: “Rischio mafie su elezioni, c’è troppo silenzio”

Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (S), il ministro dell'Interno Marco Minniti e la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Troppo silenzio sulle mafie in questa campagna elettorale: il ministro dell’Interno Marco Minniti, in occasione della presentazione della Relazione conclusiva del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi, lancia l’allarme: “C’è il rischio concreto che le mafie possano condizionare il voto libero degli elettori” e se ne parla poco.

Preoccupazione rilanciata anche dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, anch’egli presente all’iniziativa: “Credo sia un errore grave”, ha detto, escludere il tema della mafia dalla campagna elettorale e “spero che le forze politiche in questi ultimi giorni pongano rimedio”. E dal presidente della Cei, Monsignor Galantino: “sento un silenzio assordante intorno al tema delle mafie. Pare che l’unico problema alla sicurezza lo diano gli immigrati”.

Del resto, anche la presidente Bindi, aprendo i lavori, oggi in Senato, aveva ammonito: “sono assenti i segretari di partito, vorremmo che questo tema irrompesse di più nella campagna elettorale”. E ancora: “è preoccupante lo sdoganamento dell’uso della violenza che sta avvenendo in campagna elettorale, fa tornare i mostri del passato sulla scena odierna”.

La Relazione affronta tutti i temi sviscerati in questi anni dall’Antimafia: dalla mutazione delle mafie, che sparano meno ma corrompono di più, alla loro infiltrazione in tutta Italia, nord compreso, dall’indagine sulla massoneria, con la richiesta al Parlamento di modificare la legge Spadolini-Anselmi, alle infiltrazioni della criminalità nella sanità, nel gioco, negli stadi, negli appalti, nella gestione dei migranti, fino alle alle considerazioni su mafia Roma e il carcere duro, il 41bis.

Il documento – approvato all’unanimità da tutte le forze politiche – evidenzia la vitalità di Cosa nostra, e Bindi, ma con lei anche il presidente del Senato Pietro Grasso, evidenzia come la morte di Totò Riina “costituisca paradossalmente un ulteriore elemento attuale di forza”.

Preoccupate sono le considerazioni contro il “decadimento politico allarmante” e i varchi aperti dalle forze politiche soprattutto nelle amministrazioni locali, con la consapevolezza, osserva Bindi, che “l’astensionismo è il primo regalo alle mafie, se la politica non ritrova le strade del consenso buono finirà per aprire a quello al consenso cattivo, serve una responsabilità che forse abbiamo smarrito e questo vale per tutti”.

Alla nuova legislatura Bindi chiede di soffermarsi sulle stragi degli anni Novanta anche “per pagare un debito verità alle vittime” e dedica loro il lavoro della Commissione. Un tema, quello della necessità della verità sulla stagione stragista, al di là dei processi, evocato anche dal procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho e dal presidente del Senato Grasso, perché, per dirla con De Raho, “non è pensabile che una democrazia continui a mantenere dei lati oscuri soprattutto quando attengono alle proprie istituzioni, è quanto di più grave possa avvenire”.

(di Valentina Roncati/ANSA)

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