Si spacca il Pd in Alto Adige, in 14 se ne vanno

La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, durante l'incontro con i militanti del Partito Democratico a Bolzano, 04 febbraio 2018. ANSA/STEFAN WALLISCH

BOLZANO. – E’ bufera nel Pd altoatesino a pochi giorni dal voto, con la scissione dal Pd di 14 esponenti, espressione della minoranza che fa riferimento al presidente del consiglio provinciale Roberto Bizzo. I dissidenti criticano le “candidature paracadutate” di Bressa e Boschi.

Tra i dissidenti assessori e consiglieri comunali, membri della segreteria provinciale e dei vari circoli. “Un tradimento che fa esultare la destra, capace solo di guardare in casa d’altri e mai alla propria debolezza, e che sa di dispetto”, commenta il segretario provinciale del Pd, Alessandro Huber.

“Noi non vogliamo fare polemiche. Ci fa piacere stare con le persone”, si limita a commentare Maria Elena Boschi, dopo un incontro con rappresentanti del terzo settore a Bolzano. Che l’addio avvenga a così pochi giorni dal voto è una “questione di chiarezza nei confronti degli elettori, del resto non c’è mai un momento giusto per andarsene”, dice l’ex assessore e attuale consigliere comunale Mauro Randi.

Di altro avviso è Huber che parla di un atto “scellerato e irresponsabile”, di un “colpo di teatro egoista architettato da tempo” che va a “ledere il duro lavoro che si sta facendo, per dare un governo stabile al Paese”.

La candidatura di Maria Elena Boschi e di Gianclaudio Bressa nel collegio di Bolzano-Bassa atesina sono la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché il malumore nella minoranza covava da tempo. “Un disagio dovuto al metodo di lavoro – spiega Randi -, perché sono venuti meno i principi del confronto e del cambiamento per i quali all’epoca ho aderito al Pd”.

Per l’assessore comunale di Bolzano Monica Franch “il Pd è diventato un luogo preposto alla gestione del potere, un pezzo per volta ha smesso di essere il luogo della discussione politica e della pianificazione e della ricerca del bene comune”. “Boschi – aggiunge Randi – è solo una conseguenza della candidatura di Bressa, perché Bressa non è renziano. Pertanto non c’era più posto per un rappresentante del territorio che poteva per esempio essere Luisa Gnecchi”.

I fuoriusciti non ci pensano nemmeno a lasciare i loro incarichi e annunciano che domani formeranno un nuovo gruppo consiliare, confermando comunque il sostegno al sindaco Renzo Caramaschi che, “è espressione del centrosinistra”. L’invito agli elettori per le politiche del 4 marzo è di “votare nell’area del centrosinistra”.

Intanto il presidente del consiglio provinciale Bizzo non ha ancora sciolto le riserve. Si dice “straziato”, e sostiene di condividere in pieno le critiche al Pd esposte dalla minoranza. “Non è un passaggio leggero”, dice Bizzo. “Se ci fosse stata la possibilità di un candidato del territorio, accanto a questo la Boschi, imposta da Roma, ci poteva stare, ma così si rade al suolo la rappresentatività italiana in questo territorio”, così Bizzo.

(di Iris Garavelli/ANSA)