Biotestamento all’esame dell’ordine dei medici a gennaio


ROMA. – E’ l’obiezione di coscienza il nuovo campo di battaglia nello scontro politico sul Biotestamento. A soli pochi giorni dalla approvazione della legge, ancora non pubblicata in Gazzetta Ufficiale, si accende un dibattito sulla possibilità per i medici, difesa dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, di poterne farne ricorso.

A gennaio il Comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) si riunirà per discutere della legge. L’obiettivo, secondo quanto si apprende, è di arrivare al Consiglio nazionale di febbraio e condividere in maniera più ampia i contenuti del testo, che coinvolge tra l’altro anche aspetti etici dell’attività medica.

La legge, aveva spiegato il giorno dell’approvazione Roberta Cheversani, presidente della Fnomceo, è “condivisibile, nella misura in cui vi si ritrovano principi che derivano dal nostro stesso Codice deontologico, e rispecchia abbastanza l’orientamento etico dei medici”. Diversi sono gli articoli del Codice di deontologia del 2014 che affrontano il tema: tra questi il 16, secondo il quale il medico “non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati”.

All’articolo 38, poi, si fa riferimento alle Dichiarazioni anticipate di trattamento. Il medico, nel tenere conto di queste, “verifica la loro congruenza logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al rispetto della dignità e della qualità di vita del paziente”, si legge.

Intanto sarebbero oltre 15 mila le dichiarazioni anticipate di volontà già registrate e 187 i registri comunali per consegnare il proprio biotestamento. “Deve recisamente escludersi, alla luce dei principi sull’interpretazione posti nel codice civile e delle elaborazioni della giurisprudenza e della dottrina, che la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento consenta l’obiezione di coscienza” spiega Gian Giacomo Pisotti, già Presidente della sezione civile della Corte d’Appello di Cagliari, replicando alle affermazioni del ministro della Salute Beatrice Lorenzin che si era espressa a favore.

Secondo il giudice il diritto costituzionale al rifiuto e all’interruzione delle cure è riaffermato nell’art. 1 della recente legge, al sesto comma, ”in modo chiarissimo, né potrebbe essere diversamente. L’equivoco nasce da una lettura non corretta della diversa norma che non consente al paziente di imporre al medico autoprescrizioni che siano in contrasto con disposizioni di legge o con il codice deontologico (un esempio per tutti: il paziente non può esigere la pratica dell’elettroshock). Quindi, il paziente può rifiutare qualsiasi trattamento, senza che il medico possa obiettare; non può imporre, per altro verso, trattamenti da lui scelti unilateralmente. E’ appena il caso di ricordare che le norme costituzionali e la legge ordinaria non possono essere modificate da atti amministrativi, come quelli che il Ministro della Salute dichiara di voler adottare”.

Continua Filomena Gallo dell’associazione Coscioni che ha diffuso la posizione di Pisotti: “Per questo motivo non possono essere imposte terapie a nessuna persona che in piena capacità ha dichiarato di non volerle. Sarebbe un reato, una violenza privata. Il Ministro Lorenzin non può garantire l’esercizio dell’obiezione di coscienza sulle DAT a medici e strutture cattoliche perché non è possibile, la legge non prevede l’obiezione di coscienza e una legge si modifica solo con un’altra legge non con norme di rango inferiore. Siamo pronti ad intervenire per via legale per difendere l’applicazione delle DAT in tutte le strutture sanitarie autorizzate”.

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