Gendarmeria, un film sugli “angeli custodi” del Papa

 

 

CITTA’ DEL VATICANO.- Un film che segue l’attività dei gendarmi vaticani, passo passo, in tutte le sue fasi, dai semplici compiti di vigilanza, di controllo della viabilità da e per il piccolo Stato d’Oltretevere, fino alla sicurezza del Papa tra le Mura leonine e nei suoi viaggi in Italia e all’estero. E’ questo “Custodire e proteggere. La Gendarmeria Vaticana”, il documentario presentato in anteprima alla Filmoteca Vaticana, diretto dal regista Cesare Cuppone, su sceneggiatura di Matteo Ceccarelli e Fabio Mollo, e che andrà in onda su Rai 1 il prossimo 29 dicembre.

Vi si vede l’azione complessa del Corpo della Gendarmeria, che ha da poco compiuto i due secoli di storia, in ogni momento della giornata e in ogni aspetto delle sue varie incombenze, mostrando e facendo parlare direttamente gli “angeli custodi” del Pontefice.

“Difendere il Santo Padre – dice uno di loro – non è come difendere un capo di Stato. Il Santo Padre è un sacerdote deve stare tra la gente”. Tanto per dire la delicatezza del compito. “E’ una scelta definitiva, è una scelta che dura per tutta vita, ma è una sicurezza – confida un altro -. E’ una sicurezza perché so che potrò costruirmi una famiglia, perché per me che sono cristiano, credente, al famiglia è la massima realizzazione per una persona”.

Un altro gendarme ricorda: “Un fatidico primo luglio del 1993 mi è arrivata questa telefonata a casa, in cui c’era un funzionario della Gendarmeria che mi avvertiva che ero stato assunto”. “Il giorno prima sei a Washington, alla Casa Bianca e il presidente ti dà la mano e ti dice. ‘Good job!’. E il giorno dopo sei a Sant’Anna (una delle porte del Vaticano, ndr) e il pensionato che passa ti dice: ‘Gendà, che hanno scaricato lo zucchero?’ – commenta un altro appartenente al Corpo – Queste sono situazioni opposte, ma ogni gendarme le affronta con la medesima professionalità”.

Un giovane: “Faccio parte del Gruppo allievi gendarmi, siamo 23 ragazzi e viviamo all’interno della Caserma per due anni. Nell’arco di questi due anni, oltre alla fase addestrativa del corso, facciamo viabilità e ci comportiamo come veri agenti”.

Interviene il comandante, Domenico Giani: “Sono più di 200 anni che esiste un Corpo che si preoccupa della sicurezza del Papa. In questi anni gli uomini della Gendarmeria hanno potuto maturare una grande professionalità su tanti settori e oggi, pur essendo un Corpo piccolo, mediamente molto piccolo, è un Corpo di cui sono fiero, orgoglioso di essere il comandante, perché opera su vari piani diversi, ma sempre con competenza e con apprezzamento di Polizie e sicurezze che andiamo a incontrare”.

Capitolo cruciale, i viaggi. “Ho avuto la fortuna di fare più di un viaggio all’estero – dice un gendarme – ma di tutti veramente quello che ha colpito più di tutti è il viaggio in Centrafrica che fortemente ha voluto il Santo Padre, in cui ha poi aperto la Porta Santa, ha inaugurato il Giubileo”. E’ stato “un viaggio pericoloso perché prima di tutto c’era una situazione politica difficoltosa, perché è un Paese in rivolta, è un Paese molto, molto povero”.

Gli fa eco un collega: “E’ stato veramente un orgoglio far parte del viaggio in repubblica Centrafricana, perché è stato un viaggio unico nel suo genere, perché era la prima volta che un Pontefice ha visitato un Paese definito in guerra. La situazione è stata veramente pericolosa”.

Conclude Giani: “Quello che io mi auguro è che il Corpo possa proseguire in questo cammino ovviamente stando al passo dei tempi, formando gli uomini dal punto di vista professionale sempre meglio: cioè creare dei professionisti della sicurezza, come dobbiamo essere, e allo stesso tempo avere forti le radici, i valori che ci fanno essere qui oggi, guardare lontano per lavorare dal punto di vista professionale sempre meglio”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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