Istat: cresce il reddito ma più divari, uno su tre a rischio povertà

Poveri a Roma nel mercato rionale di Val Melaina raccolgono generi di prima necessità in terra tra gli scarti
Poveri a Roma nel mercato rionale di Val Melaina raccolgono generi di prima necessità in terra tra gli scarti ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – In Italia i redditi sono tornati a crescere ma non per tutti. La ripresa ha avvantaggiato i più ricchi provocando “un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà ed esclusione sociale”. Disagi che colpiscono quasi un terzo della popolazione, pari nel 2016 ad oltre 18 milioni di persone. Un record, il picco maggiore da quando il fenomeno è sotto monitoraggio, ovvero dal 2004.

A fotografare un Paese dove i divari si allargano è l’Istat, tirando le fila della mega indagine su ‘condizioni di vita, reddito e carico fiscale’. Ecco che il budget medio di una famiglia sale dell’1,8% in un anno, anche se si ferma a 29.988 netti. Una crescita trainata dagli importi più alti, visto che nella metà dei casi si va avanti con meno (24.522 euro, che sul mese si traducono in poco più di due mila euro). Cifre queste su cui l’aggiornamento dell’Istat non va oltre il 2015. Anno che fa registrare il primo aumento post-crisi.

L’Istat fa anche il punto sul ‘cuneo’, la differenza tra il costo del lavoro e quanto va in tasca al lavoratore. Nonostante il calo negli ultimi anni, il 46% si perde in versamenti. Per l’ufficio di statistica si alleggerisce anche il carico fiscale sulle famiglie (a riguardo viene citato il bonus 80 euro). Sta di fatto che, tolto quel che si deve in contributi, tre italiani su quattro vivono con meno di 30 mila euro e non arrivano al 3% coloro che possono contare su redditi personali oltre i 70 mila.

Tornando alle stime più fresche, sul 2016, a soffrire di più è il Mezzogiorno: se il rischio di povertà ed esclusione a livello nazionale è al 30% nel Sud e nelle Isole sfiora il 47%. Sono i nuclei monoreddito, con stranieri o più figli ad essere in bilico. Ma l’allarme si accende anche per chi è solo, se, e fa riflettere, sotto i 65 anni.

Tutti numeri, vale la pena precisare, che fanno riferimento a situazioni con almeno uno su tre sintomi: si vive con meno di 9.748 euro annui; si lavora solo tre mesi l’anno; si accumulano rinunce, dalle vacanze al riscaldamento. A segnare l’aumento del pericolo è anche il confronto rispetto al resto d’Europa (va meno peggio anche la Spagna). Non solo, l’Italia mostra livelli “sopra la media” in fatto di divari economici.

D’altra parte il 20% più benestante possiede il 40% della ricchezza, mentre il quinto più povero solo il 6%. Dati che giustificano in pieno la corsa al Reddito d’inclusione. Per i ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è lo strumento con cui poter prendere “in carico le situazioni più difficili”. Secondo il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, la ricetta è una: dare “centralità al lavoro”.

Sulla stessa linea la leder della Cgil, Susanna Camusso, che insiste sui “giovani”. Per la Ui il Rei è “un primo traguardo”. Il Pd fa notare che “la strada è giusta” anche se “c’è ancora tanto da fare”. Vanno all’attacco le opposizioni: il M5s rilancia “il reddito di cittadinanza” mentre Fi considera da “irresponsabili” pensare ora allo “Ius Soli”. Intanto la Coldiretti fa i conti per l’immediato: “quasi un italiano su cinque non farà regali a Natale”.

(di Marianna Berti/ANSA)

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