I giovani andranno in pensione a 71 anni, ma età effettiva è prima

Vignetta pensioni
Vignetta pensioni

 

PARIGI. – Giovani in pensione a 71 anni, ma l’età effettiva arriva prima, molto prima, e non va bene: questo, in sintesi, uno degli aspetti del sistema previdenziale italiano fotografati nel ‘Panorama sulle Pensioni 2017’ pubblicato  dall’Ocse. Secondo l’organismo con sede a Parigi, l’età di pensionamento per i nati nel 1996 dovrebbe crescere a 71,2 anni, il livello più elevato di tutta la zona dopo la Danimarca.

Secondo le tabelle della Ragioneria dello Stato, nel 2065 arriverà a 70 anni e 6 mesi. E tuttavia, secondo l’Ocse, l’Italia è il Paese che ha per gli uomini l’età di uscita “effettiva” per pensionamento più bassa rispetto a quella di vecchiaia legale. Nel 2016 ci sarebbero stati tra l’età di uscita per vecchiaia (66,7 anni) e quella media effettiva 4,4 anni di differenza, il divario più alto di tutti i Paesi Ocse.

Si esce quindi abbondantemente prima dei 63 anni. In media nell’area il divario tra età legale ed effettiva di uscita per pensionamento è di 0,8 anni per gli uomini e di 0,2 anni per le donne. Quanto alla spesa previdenziale, rappresenta oltre il 15% del Pil con un tasso di contribuzione pari al 33% e va tagliata.

“L’attuale sfida dell’Italia – avverte il think tank parigino – è limitare al tempo stesso la spesa pensionistica nel breve e medio termine e affrontare i problemi di adeguamento per i futuri pensionati”. Di qui, prosegue, “l’aumento dell’età pensionabile effettiva dovrebbe continuare a essere la priorità” dell’Italia al “fine di garantire benefici adeguati senza minacciare la sostenibilità finanziaria. Ciò significa concentrarsi sull’aumento dei tassi di occupazione, in particolare tra i gruppi vulnerabili. Un mercato del lavoro più inclusivo ridurrebbe anche il futuro tasso di utilizzo delle prestazioni sociali per la vecchiaia”.

Soprattutto, l’Italia deve dare maggiori “opportunità ai giovani”. La lotta contro la disoccupazione giovanile “dev’essere la priorità assoluta, anche perché in un sistema previdenziale contributivo, la pensione è data dagli anni effettivi di contribuzione. Ogni anno perso di lavoro è un anno perso in termini di montante pensionistico”, mette in guardia Stefano Scarpetta, direttore del dipartimento lavoro e affari sociali dell’Ocse, intervistato dal Gr1 Rai economia.

In merito al tema degli esodati, l’esperto dice di sperare “che la vicenda finisca prima possibile: è stato un problema drammatico per i soggetti coinvolti, speriamo sia problema solo temporaneo legato alla transizione che la riforma ha generato, si tratta di una priorità sociale ma anche economica”.

Scarpetta invita poi l’Italia ad “utilizzare per il suo futuro tutte le risorse che ha, promuovendo la partecipazione al mercato del lavoro dei gruppi sottorappresentati”. Giovani ma anche donne. “Il tasso di occupazione femminile – osserva – è ancora ampiamente al disotto della media Ocse e anche di molti paesi europei”. Ok, infine, alle misure di adeguamento dell’età pensionabile:

“Ovviamente bisogna aiutare le persone a restare occupabili e occupate, cosicché possano arrivare all’età di pensionamento, e poi occuparsi di coloro che hanno difficoltà a rimanere occupate: in questo senso vanno i nuovi strumenti come l’Ape, che è una sperimentazione importante da perseguire, senza necessariamente cambiare l’adeguamento alle aspettative di vita”.

Quanto al tasso di sostituzione per un lavoratore a tempo pieno, in Italia salirà all’83% rispetto a una medie Ocse del 53%. Un livello inferiore solo a Olanda, Portogallo e Turchia.