Secondo le statistiche i madrelingua italiani sono solo 63 milioni, eppure la nostra è una delle lingue più studiate al mondo. Molte persone la parlano come seconda lingua, ad esempio i figli, i nipoti e discendenti di emigrati e gli italiani residenti all’estero, ma anche per motivi culturali (arte, musica, cucina, ecc,).
Come molti sanno l’italiano deriva dal latino, anche se non da quello classico, si avvicina di più al latino “volgare” ossia quello parlato dal popolo, dagli abitanti delle province romane. Il latino classico era utilizzato nella scrittura di documenti e opere letterarie, era alla portata degli studiosi e delle persone più ricche che avevano la possibilità economica di poter studiare.
Il “volgare” invece, nasce dalla fusione del latino con le lingue straniere degli invasori (longobardi, franchi, goti, ecc.). Uno dei primi scrittori che vide la necessità di sostituire il latino classico con il volgare, affinchè tutti potessero avere accesso alla lettura e conoscenza delle opere letterarie fu Dante Alighieri, con la sua prima opera “De vulgari eloquentia” (1303-1305).
Anche se il più antico documento in italiano risale al 960, ed è un atto notarile il “Placito Capuano” dove, sebbene il documento fosse quasi interamente in latino, si trovano alcune formule in volgare.
Ma ancora più antica è un’iscrizione nelle Catacombe di Commodilla che risale al VI-IX secolo, che è un invito a recitare le preghiere a voce bassa (in quel tempo i cristiani erano perseguitati).
Dopo la caduta dell’Impero Romano in Italia, dovuto alle invasioni di popoli stranieri, nascono innumerevoli dialetti che secondo l’Enciclopedia Treccani sarebbe molto difficile enumerarli. Da ciò deriva quello che i linguisti chiamano l’italiano popolare, che è un italiano “imperfetto” perchè influenzato dai vari dialetti.
I dialetti più importanti, definiti lingue territoriali sono: il napoletano con 5.7 milioni di parlanti, poi il siciliano (4.7 milioni), il veneto (3.8 milioni), il lombardo (3.6 milioni) e il piemontese (1.6 milioni).
Nel Seicento, venne pubblicato il primo grande Vocabolario della lingua italiana che già era diventata la lingua nazionale accettata da tutti, e cominciò ad essere usata anche nei testi scientifici, scritti fino ad allora in latino. Il grande scientifico Galileo Galilei, scrisse la sua opera più importante in lingua italiana “Dialogo sopra i due massimi sistemi” affinchè tutti potessero conoscere le sue teorie e ricerche.
Alla nascita del Regno d’Italia nel 1861, l’80% della popolazione era analfabeta e solo pochissimi avevano un’istruzione superiore alla scuola elementare. Con il passare degli anni la percentuale è mano a mano diminuita fino ad arrivare nel 2001, dove in base alle statistiche dell’Istat, gli analfabeti erano solo il 2%.
Secondo Tullio Di Mauro, rinomato linguista, a unire la lingua italiana, non è stata solo la scuola ma anche altri fattori, tra cui: la stampa, l’urbanizzazione, l’esercito (con il servizio militare obbligatorio) e la guerra (i soldati erano costretti a parlare in italiano per potersi capire). Poi sono arrivate la radio e la tv.
Oggigiorno la lingua italiana è in continua evoluzione, basta pensare ai neologismi (cioè le parole nuove) introdotti per far fronte alle nuove necessità comunicative e all’influenza di altre lingue e di parole straniere, che a mio parere, spesso sono inecessariamente troppo utilizzate a scapito della nostra tanto affascinante e amata lingua.
Angelo Di Lorenzo
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Molto interessante le origini
della lingua italiana.
Congratulazioni caro cugino per questo interessante articolo
Grazie Stefano, sono contento che ti è piaciuto… un abbraccio
interesantieeimo
Molto interessante l’articolo. La lingua italiana è veramente affascinante. Sono d’accordo sul fatto che, se da una parte l’influenza di parole straniere ne permette l’arricchimento, dall’altra bisogna fare attenzione all’uso esagerato di queste.
Direi che la scuola, tra i fattori citati dal grande De Mauro, è stato l’ultimo che ha contribuito all’ espandersi della lingua italiana nella penisola, almeno al principio. Non sapevo riguardo la guerra, ma il servizio militare in qualcosa ha contribuito, non soltanto nella conoscenza della geografia…). Difatti, durante il fascismo, e per molti anni dopo, quelli del nord erano quasi obbligatoriamente mandati a sud e vicerversa.