Europa unita: “Non smantellate l’accordo con l’Iran”

Trump dopo aver firmato l'ordine esecutivo. (ANSA/AP Photo/Evan Vucci)
Trump dopo aver firmato l’ordine esecutivo. (ANSA/AP Photo/Evan Vucci)

 

ROMA. – Fra Europa e Stati Uniti si è aperto un nuovo fossato. La disdetta americana dell’accordo sul nucleare con l’Iran è stata nell’immediato rinviata, parola di Donald Trump che ne ha demandato la revisione al Congresso. L’Ue gli risponde unita con Federica Mogherini: l’accordo non è mai stato violato, funziona ed è da tutelare, comunque.

Ma l’Europa, ormai da mesi, è in fibrillazione, perché non accetta l’idea anche solo di mettere in pericolo quello che considera il primo vero, solido successo diplomatico in Medio Oriente. In suo favore si sono spese le tre potenze europee che avevano partecipato alle lunghe trattative, per quanto i loro governi siano cambiati dal 2015: Theresa May, che si è consultata con Trump per telefono, ha ribadito che l’intesa “è di vitale importanza per la sicurezza della regione”.

E la premier dell’alleato privilegiato degli Usa ha ribadito insieme a Emmanuel Macron e Angela Merkel che Londra, Parigi e Berlino “restano vincolate” a rispettarla. L’accordo – hanno scritto – “è stato il culmine di 13 anni di diplomazia e un passo importante per assicurare che il programma nucleare iraniano non deviasse verso scopi militari”.

Ma oggi la linea rossa l’ha tirata Mogherini: l’Unione europea continuerà a sostenere e a tutelare in ogni sua parte l’accordo e la sua piena e rigorosa attuazione da parte di tutti”, “a beneficio di tutte le parti”: “Un accordo che funziona e continuerà a funzionare”, ha risposto a breve giro a Trump l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini.

Un accordo – ha messo in chiaro – che non può essere disdetto unilateralmente dagli Usa, in quanto “non è un accordo bilaterale e non appartiene ad un singolo Paese”, ma è stato approvato unanimemente dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e rappresenta quindi l’intera comunità internazionale. E tantomeno è “affare interno americano”.

Secondo Trump, la ‘sunset clause’, la provvisorietà dei limiti imposti al programma nucleare iraniano, hanno solo “rinviato” il momento in cui Teheran otterrebbe la bomba; secondo Mogherini, invece, il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) raggiunto nel 2015 fra Teheran e sei potenze occidentali (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) sotto l’egida Onu, “impedisce e continuerà a impedire che Teheran abbia accesso all’arma atomica”. Quindi è “un pilastro della non-proliferazione” in un momento in cui il pericolo nucleare è tornato di attualità con la crisi nordcoreana.

Ci sono poi anche i risvolti economici: il presidente Usa ha detto che lavorerà a nuove sanzioni, con gli alleati, ma a quelle sanzioni, per superare le quali sono stati necessari anni e anni di duro confronto fra le sei principali potenze occidentali e Teheran, l’Unione europea non intende naturalmente tornare.

Anche perché solo nel primo anno dopo l’entrata in vigore del Jcpoa gli affari reciproci con l’Iran si sono impennati: l’export della Repubblica islamica verso il Vecchio continente è aumentato fra 2015-16 del 375% (scrive il Washington Post), e lucrosi contratti sono stati già firmati, ricorda il Financial Times, fra gli altri da Total, Airbus e Peugeot, e altri sono in fase di negoziazione. Da diverso tempo, si è saputo è in corso un lavoro di lobbying dell’Unione europea presso il Congresso, nel cui campo Trump ha buttato la palla.

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