Vertici M5s blindano Di Maio, grande freddo degli ortodossi

Beppe Grillo (S) con Luigi Di Maio al convegno promosso dal M5S a Montecitorio sul debito pubblico italiano e l'eurozona, Roma, 3 luglio 2017. ANSA/ETTORE FERRARI

 

Beppe Grillo (S) con Luigi Di Maio al convegno promosso dal M5S a Montecitorio sul debito pubblico italiano e l’eurozona, Roma, 3 luglio 2017. ANSA/ETTORE FERRARI

 

ROMA. – Nessun mini-direttorio, nessun organo collegiale a cui affidare le decisioni apicali: i vertici M5S blindano la leadership di Luigi Di Maio ribadendo come il candidato premier sia anche il titolare “della guida e dell’indirizzo” del Movimento. Parole che suonano come l’ennesima stoccata per le richieste dell’ala ortodossa, sempre più convinta che a fare da “controllore” al candidato premier debba esserci una persona o un organo super-partes.

Lo scontro, per ora, resta sottotraccia. Ma alla prima assemblea congiunta del nuovo corso M5S, le tensioni potrebbero emergere in tutta la loro intensità. Di Maio, a quanto si apprende, parlerà ai parlamentari all’inizio della riunione e l’impressione è che il suo primo discorso da leader ai suoi colleghi ponga l’accento sulla necessità di essere compatti e miri a rasserenare il clima.

Non è ancora certo, invece, se all’assemblea sarà presente Roberto Fico, l’uomo che, a Italia 5 Stelle, ha rappresentato plasticamente il dissenso ortodosso. Un dissenso palpabile anche nel primo giorno di lavori alla Camera dopo la festa di Rimini.

“E’ giusto che Di Maio abbia la leadership ma non può decidere le regole o chi candidare alle tornate elettorali locali o nazionali”, spiega un deputato ponendo anche il punto dei ricorsi: “se da oggi in poi il destinatario sarà Di Maio avremo un premier indagato ogni due giorni…”.

Tra gli ortodossi, tuttavia, non si parla di dissenso. Anche perché, si spiega, così si darebbe l’impressione di una minoranza numerica che viene negata. Allo stesso tempo, tuttavia, uscire all’attacco allo scoperto rischia di marginalizzare ulteriormente l’ala dei “duri e puri”.

Anche perché da Milano si torna a blindare Di Maio. “Non ci sarà alcun mini-direttorio, il tema non è in agenda e non è stato mai discusso”, sottolineano fonti vicine al candidato premier e a Davide Casaleggio quasi a delineare un totale accordo tra il neo-leader e il deus ex machina della piattaforma Rousseau.

E allo stesso tempo ci pensa anche Di Maio a spegnere le ambizioni regolamentari degli ortodossi: “Il ruolo di Grillo sarà quello di Garante delle regole, la mia funzione è presentare le liste, il programma, e portare avanti la linea politica”, chiarisce a El Pais.

Di Maio prova a ricucire il gruppo attorno alla sua leadership. Compito non arduo sebbene, da Alessandro Di Battista arrivi un netto endorsement: “ho fiducia in Luigi, va sostenuto. Ed è obbligatorio restare compatti”, spiega il “Dibba” pubblicando il discorso che avrebbe detto a Rimini. Ed è a lui, nel ruolo di “gran mediatore” tra l’anima istituzionale e quella movimentista che guarda più di un ortodosso.

E Di Battista sembra quasi confermarlo: “Io non sono un moderato, moderati si muore. Il Movimento non è di tutti”, è il suo messaggio. Ma c’è un’ulteriore ombra all’orizzonte: quella che qualcuno tra gli iscritti ricorra contro le primarie che hanno incoronato Di Maio. Per ora, l’avvocato Lorenzo Borré è stato solo sondato ma il legale oggi spiega: “ci sono buone probabilità che siano invalidate, come in Sicilia”.

(di Michele Esposito/ANSA)