Gli ausiliari Essere o Avere: aiutano o confondono?

“Profe, ieri ho andato al mare” o “Ho stato male” … Quante volte abbiamo sentito i nostri allievi dire così? E quante volte abbiamo cercato di correggerli? Un’infinità, scommetto. E probabilmente chi insegna italiano ad un discente di lingua spagnola, nel nostro caso, di castellano venezuelano, sa “perché”. Ma forse una ennesima riflessione sul questo intoppo linguistico non è di troppo. Questa volta inizio con la spiegazione comunemente utilizzata quando si devono presentare gli ausiliari essere e avere, o meglio, essere o avere. Poi, li ripasseremo nel contesto linguistico del castigliano-venezuelano.

Per quanto possa essere banale, essere e avere sono due verbi con significato proprio. Essere indica uno stato dell’essere o esistere o trovarsi in un posto: “Sono felice” “Siamo noi” oppure “Sono qui da te”. Avere significa possedere, provare una sensazione: “Ho un fratello”, “Hai sete?” E fin qui non c’è difficoltà apparente per chi impara. Ma la situazione cambia quando questi verbi si utilizzano come ausiliari per creare un tempo verbale collegato al passato.

In italiano, i verbi ausiliari essere e avere, aiutati da un participio passato di qualsiasi verbo, formano i tempi composti. Ma quale ausiliare scegliere? Il problema quindi è sapere quale, quando e come utilizzare l’ausiliare giusto. Ricordiamoci che il contesto è l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera.

In quest’ottica, ripasso la regola, con alcune parole del Prof. Giacalone. “Avere” si usa con i verbi transitivi attivi (ho mangiato) e con alcuni intransitivi (ho parlato), mentre “Essere” si usa con i verbi intransitivi (sono andato), con i verbi riflessivi propri e impropri (mi sono pettinato, mi sono comprato un libro), con i verbi pronominali (mi sono arrabbiato), con i verbi impersonali (è successo un incidente) e nella coniugazione passiva dei verbi transitivi (sono stato derubato).

Per capire quali sono i verbi transitivi, pensiamo se rispondono alle domande “chi? che cosa?” Per esempio, mangiare risponde alla domanda “che cosa?”: Ho mangiato, Che cosa hai mangiato? Ho mangiato una caramella. Invece, è chiaro che verbi di movimento o moto come andare non rispondono a quelle domande e quindi sono intransitivi.

Un altro caso è il passivo, soltanto però per i verbi transitivi. In questo caso avere si converte in essere: “hanno iniziato i lavori” diventa “I lavori sono stati iniziati”. Del tutto analogo al passivo è il comportamento dei verbi riflessivi. Anche questi derivano da verbi transitivi, che quindi nella coniugazione attiva utilizzano avere. Invece, il verbo riflessivo derivato richiede essere: “Mi sono pettinata con cura e dopo ho pettinato mia figlia”, oppure con un esempio di riflessivo improprio, a me piace chiamarlo “affettivo”: “Mi sono mangiata un bel panino e l’ho mangiato in fretta.”

Purtroppo, però, la scelta dell’ausiliare avere o essere con i verbi intransitivi sembra non seguire criteri costanti e regolari. Generalmente, però, si usa l’ausiliare avere con i verbi che indicano un’azione effettivamente compiuta dal soggetto: “ho parlato di te, ho dormito a lungo”. Ma si usa l’ausiliare essere con i verbi che indicano un’azione subita dal soggetto: “sono nato” “sono cresciuto”. E, per quanto riguarda i verbi di movimento, tra questi ce ne sono alcuni che richiedono l’ausiliare avere: “ho viaggiato, ho camminato.” Sebbene questo ultimo caso non rappresenta alcun problema per il parlante di spagnolo perché la corrispondenza tra le due lingue è perfetta, gli aggiunge confusione. Con maggior ragione non bisogna soltanto indicare le eccezioni ma spiegarle e poi farle imparare.

Un’altra difficoltà dei tempi verbali composti per chi è di madre lingua spagnola, riguarda l’accordo tra soggetto, oggetto e participio passato del verbo. Con l’ausiliare avere, il participio rimane invariato al singolare maschile e per tutte le voci: “Michele ha letto un libro, Luisa ha letto un libro”. Tuttavia, in alcuni casi avviene l’accordo obbligatorio tra participio passato e oggetto: Ho visto dei libri e li ho comprati (accordo obbligatorio con i pronomi lo, la, li, le e ne) o facoltativo: “Anna ci ha salutati” oppure “Anna ci ha salutato.” Invece, con l’ausiliare essere, il participio passato va declinato in base al soggetto, maschile o femminile, singolare o plurale. Per esempio: “Michele è andato al centro ma Luisa è andata al centro”. “I ragazzi sono andati fuori e le ragazze sono rimaste dentro”.

Finora il lettore non avrà riscontrato niente di nuovo, quanto scritto appartiene alla regola e niente di più facile di ripetere ai nostri studenti di impararla, vero? -ci sono altre eccezioni ma le lascio per la fine-. Ma allora perché continuano a sbagliarsi? Un po’ per pigrizia, diciamola tutta, ma un po’ perché non trovano l’appiglio giusto nelle loro lingua madre.

A questo punto se non hanno recepito la regola studiandola semplicemente come regola a sé stante, ricorrono alla ingannevole credenza che, siccome le due lingue sono “uguali”, di conseguenza sono facili da imparare. Ma non è così, anzi. Può essere più difficile studiare due lingue simili strutturalmente che due lingue lontane tra loro. Per esempio, prediamo lo spagnolo o l’italiano e l’inglese o il tedesco.

Le lingue romanze sono diverse da quelle germaniche e questo permette la mente di stabilire due codici che raramente si intersecano, e perciò quando si studiano le loro regole vengono meglio accettate e comprese. Ma non è il caso quando i due idiomi sono simili. Nel caso dell’italiano con lo spagnolo le somiglianze sono molte perciò: se quelle che confondono, non fanno alcuna differenza per chi le impara, allora si continuerà a commettere lo sbaglio. Questo è il caso degli ausiliari essere e avere.

Ed è per questo che molti erratamente, continuano con “Ho stato” e “Ho andato” che in corretto spagnolo di Spagna è “He estado” e “He ido”. In spagnolo si usa avere come ausiliare per i tempi composti (beata lingua: Cervantes ha avuto meno grattacapi linguistici di Dante). Però, anche lo spagnolo ha le sue varianti, presenti in America Latina. E allora pensiamo al parlante venezuelano che ha praticamente perso l’uso del preterito compuesto (passato prossimo) e l’ha sostituito con il preterito indefinido (addirittura il passato remoto) nella sua lingua madre, soprattutto a livello colloquiale.

Bisogna anche spiegare che in italiano “Sono stato”, per esempio, significa non soltanto un oscuro “He estado” ma il più comune e venezuelano “fui”, “ho mangiato” all’ orecchio de discente venezuelano è semplicemente “comí”, raramente sentiremo “he comido” nei registri colloquiali a cui siamo abituati.

Ma come ho annunciato pocanzi, esistono eccezioni alle regole per l’uso degli ausiliari. Alcuni verbi come vivere, volare, scivolare o migliorare possono alternarsi tra essere e avere ma a volte, per alcuni di essi, gli ausiliari faranno la differenza nel significato implicito della frase, per esempio: “L’ aereo ha volato per molte ore” ma “L’aereo è volato a Caracas”. Altri verbi atmosferici o metereologici, come nevicare, grandinare, piovere; possono avere come verbo ausiliare sia il verbo essere che il verbo avere. Potete utilizzare sia “ha piovuto” che “è piovuto”. Il parlante di spagnolo sicuramente preferirà l’ausiliare avere.

E qui mi fermo. La mia intenzione è sempre quella di riflettere, e per questo ci vuole calma. Sufficiente per questa volta. Ma, per la prossima, probabilmente presenterò il verbo “stare” che è molto amico del verbo e ausiliare “essere” e pone alcuni dubbi per chi lo impara. Allora, amici lettori, ora ho finito, mi sono stancata, mentre scrivevo ha piovuto ma è stato molto piacevole pensare a voi!

Giancarla Marchi