La scuola senza professori di Xavier Niel

PARIGI. – Un edificio dal look contemporaneo, pareti metalliche e muri di cemento decorati da graffiti e tele in stile street art, con soffitti neri su cui corrono cavi e tubature a vista. Grandi open space con centinaia di computer ultimo modello, mobili di design dalle linee squadrate e una caffetteria piena di seggiole colorate.

Fin dall’aspetto, la scuola di programmazione fondata dal patron di Free Xavier Niel, battezzata 42 come la “risposta al senso della vita, all’universo e a tutto” nel libro ‘Guida galattica per gli autostoppisti’ di Douglas Adams, vuole essere contemporanea, urbana e innovativa.

Fedele al mantra secondo cui ciò che davvero serve all’informatica non sono tecnici, ma creativi, capaci di muoversi in un “dominio co-costruito” che è scientifico solo in piccola parte. “A medio termine, andiamo verso un mondo in cui il vero valore aggiunto sarà la creatività, perché della logistica si occuperanno i robot. Chi saprà adattarsi, sopravvivrà, gli altri spariranno”, spiega all’Ansa Nicolas Sadirac, uno dei componenti dell’equipe pedagogica della scuola.

“Non un professore – precisa – perché qui non ci sono professori”. E non ci sono lezioni, esami, orari né scadenze. Solo obiettivi, che l’equipe assegna a un singolo studente o a un gruppo di piccole o medie dimensioni. “Noi elaboriamo gli obiettivi, e verifichiamo che le soluzioni proposte funzionino. Non ci occupiamo del come gli studenti ci arrivino, quello è un loro problema. Ne discutono tra loro, si confrontano, ricercano, noi siamo solo valutatori finali”.

L’obiettivo della scuola non è infatti insegnare nozioni, aggiunge Sadirac, ma “trovare talenti” dotati di “autonomia, creatività e co-creatività”, per un settore per cui la formazione accademica non ha ancora trovato, secondo creatori e gestori di 42, la formula di insegnamento giusta.

Una ricerca condotta lasciando più spazio possibile agli studenti, alle loro caratteristiche personali, ai loro metodi e ritmi. “La sede è aperta 24 ore su 24, 365 giorni all’anno – racconta Claudio, 19 anni, studente originario di Parma – si viene quando ci si sente ispirati, si ha l’energia, e questo ci fa sentire davvero autori di quello che facciamo. L’idea è che si impara facendo, soprattutto nella programmazione”.

L’unico obbligo, aggiunge, è saper lavorare in gruppo, confrontandosi con persone spesso molto diverse. “Ci viene lasciata molta autonomia, ed è vero che probabilmente faremmo fatica ad adattarci agli ambienti di impresa più classici – dice ancora – ma qui si vogliono ottenere profili atipici”. Nella convinzione che, nelle parole del ‘non-professore’ Sadirac, “Saranno le imprese a cambiare, se non lo faranno non avranno speranza di sopravvivere”.

(di Chiara Rancati/ANSA)

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