Nostra cucina regionale


Un pó di storia


Quando si parla della cucina valdonasta è impossibile non pensare alle vicende storiche che hanno influito sia sulla gastronomia e sia sulla vita della gente.


La tradizione gastronomica di questa regione è legata agli ortaggi, al cavolo soprattutto, al pane di segale, alle castagne, e, in misura molto contenuta, al latte, alla caccia e agli animali da cortile di cui i meno abbienti si riservavano le parti non commerciabili.


La cucina dei benestanti era molto diversa;più varia e pregiata,aveva raccolto i suoi alimenti proncipali dalla cucina Francese e Svizzera.


I valdostani in passato, dovettero spesso fare a meno del sale poichè all’epoca era molto caro e non facilmente reperibile. Qui Erano poche e avare le zone da cui si poteva ricavare il sale, dunque era un prodotto che i valdostani dovevano acquistare. Ma la tassa sul sale introdotta dopo la seconda metà del 1500 dai Savoia, costrinse gli abitanti della Valle d’Aosta a prendere la via dei colli alpini per potersene procurare in Svizzera, soprattutto nella zona del Lago di Ginevra. Tale tassa costrinse i valdostani al contrabbando: per avere il sale portavano in Svizzera burro e formaggio. Il baratto continuò fino a tempi recenti, ma tabacco e cioccolata presero il posto del sale.


Mentre i contadini preparavano le loro zuppe con pane di segale e verdure di stagione,i signori amavano gustare le zuppe arricchite con brodo di carne, formaggio e burro; conservate da epoca romana fino ai giorni nostri, le più famose sono la “seuppa y plat” e la “seuppa vapeullenèntse”: quest’ultima ha origine dal luogo di probabile provenienza della ricetta, cioè la Valpelline. Anche il pane non era lo stesso per i contadini e per i signori.Mentre i primi mangiavano Il pane nero i secondi potevano degustare il pane bianco fresco.


Il pane nero veniva preparato una volta all’anno coinvolgendo tutta la famiglia; mentre le donne impastavano, gli uomini si occupavano del forno a legna del paese.


La cottura era attenta e minuziosa e quando il pane usciva dal forno si faceva una gran festa.


Una volta essiccato, diventava molto duro e per tagliarlo si utilizzava lo “copapàn”, una specie di coltello di ferro che si trova ancora oggi nei negozi di artigianato. Questo pane veniva poi ammorbidito mettendolo per pochi minuti a bagno nelle minestre, nel latte, o, in mancanza d’altro, nell’acqua.


La Valle d’Aosta è una delle regioni più particolari della nostra penisola.


E’ questa una terra di pascoli , verdi foreste e dalle valli bianche che rendono il territorio affascinante e magico. Dominata nell’antichità dal popolo dei Salassi, venne successivamente colonizzata dai Romani che costruirono strade, ponti ed acquedotti e fondarono la città di Aosta. Le caratteristiche della tradizione gastronomica valligiana sono determinate dall’ aspetto morfologico di questa terra. La splendida e per lungo tempo inaccessibile catena alpina ha isolato per secoli la Valle, provocando lo sviluppo di un cucina basata quasi esclusivamente su prodotti locali


La gastronomia di questo territorio è molto legata alle varie vicende storiche e i prodotti della cucina valdostana sono tanti e molto vari, gustosissimi conservati nei secoli con leggere modifiche dovute al miglioramento delle condizioni socioeconomiche; cibi caratterizzati da antichi prodotti locali fra cui campeggiano la fontina, il lardo, il sanato, le castagne e la polenta che tuttoggi viene preparata “grassa”, ovvero arricchita con burro e formaggio.


Capriolo alla valdostana


Ingredienti


1 kg di carne di capriolo, 500 gr di pomodori freschi, 30 gr di farina bianca, ½ litro di vino rosso, bacche di ginepro, alloro, timo,5 chiodi di garofano, cannella in polvere, 1 cipolla, aglio, prezzemolo, 1 carota, 1 costa di sedano, grappa, ½ bicchiere di panna liquida, brodo, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.


Preparazione


Mondare una manciata di prezzemolo ed insieme con uno spicchio d’aglio, la cipolla, la carota e il sedano e tritare tutto finemente. Tagliare a pezzi il capriolo, lavarlo, asciugarlo e porlo in una terrina, unire il trito fatto, due foglie di alloro sbriciolate, alcuni chiodi di garofano, un pizzico di timo e di cannella e qualche bacca di ginepro schiacciata. Salare, pepare ed aggiungere il vino rosso; incoperchiare e lasciare il capriolo in questa marinata per tre giorni rigirandolo con attenzione e delicatamente, di tanto in tanto. Trascorso questo tempo scolare i pezzi di carne, conservando il vino della marinata. Porre sul fuoco una casseruola con ½ bicchiere di olio, quando sarà caldo, mettervi il capriolo e farlo rosolare a fiamma forte poi bagnarlo con due bicchierini di grappa; lasciare evaporare e quindi spolverizzarlo di farina. Quando sarà divenuto color d’oro irroravate la carne con il liquido della marinatura, dopo averlo filtrato, e unire i pomodori; proseguire nella cottura bagnando, se necessario, con un poco di brodo. Quando il capriolo sarà pronto toglierlo dalla casseruola, accomodarlo su un largo piatto da portata e tenerlo in caldo. Filtrate il sugo di cottura e versarlo in un pentolino, aggiungete la panna e fate cuocere per 5 minuti, se serve aggiustare di sale. Servite la salsa ben bollente insieme al capriolo.


Ciambelline d’Aosta


Ingredienti


500 gr di farina gialla finissima, 300 gr di zucchero semolato, 150 gr di burro,


50 gr di farina bianca, ½ limone, 3 uova.


Preparazione


Mescolare insieme le due qualità di farina ed impastare con il burro, un poco ammorbidito, unire lo zucchero,, le uova e la scorza del limone grattugiata. Lavorare bene il composto, ottenendo un impasto molto omogeneo, poi versarlo in una siringa da pasticcere e far uscire dei piccoli bastoncini ai quali si darà la forma di ciambelline. Sistemarle su una placca, coperta da carta oleata. Cuocere in forno non troppo caldo (180º C) per circa 20 minuti.