A rischio la “nostra” Missione Antisequestro?


Nonostante le rassicurazioni pervenuteci dall’Unità di Crisi della Farnesina (ci consta che il suo Capo Elisabbetta Belloni è particolarmente sensibile al problema) tutto lascia supporre che la permanenza della Missione Antisequestro resterà un altro dei tanti sogni nel cassetto della nostra comunità. Negli ultimi anni, per la prima volta, gli italiani del Venezuela, spinti da precarietà politica, difficoltà economiche e il crescente pericolo sequestri hanno rivolto una serie di richieste al governo italiano. In risposta hanno ottenuto una manciata di promesse che il tempo si è incaricato di sfumare. Abituati come sono a lottare contro le avversità, i connazionali si sono rimboccati le maniche e hanno cercato di guardare avanti e risolvere al meglio i propri problemi. Ma il pericolo sequestri è un’altra cosa. Non possiamo affrontarlo soli, non è giusto che il governo italiano resti sordo davanti ad una richiesta dal cui esito dipende la vita di nostri connazionali. E sulla serietà dei rischi non ci sono dubbi. Basta ricordare che l’anno scorso la Camera di Commercio americano-venezuelana ha organizzato un foro dal titolo: “Sequestro in Venezuela. Prima, durante e dopo. Tutti siamo sequestrabili”, al quale sono stati invitati anche esperti colombiani. E, in questi giorni, esponenti del governo venezuelano, come il vicepresidente Josè Vicente Rangel, hanno sottolineato la gravità del problema auspicando l’approvazione di una legge antisequestro che prevede, tra l’altro, pene più alte per i rapitori e l’istituzione di una polizia nazionale ad hoc. Nel 2004 sono stati sequestrati 13 italiani. Due di loro sono stati liberati con azioni di polizia, nove dietro pagamento di riscatto e due sono ancora nelle mani dei rapitori: Renzo Potti di Valencia e Ornella Ferranti di San Cristobal. Ormai è da circa un anno che due esperti, il vice questore di Taormina, Filippo Bonfiglio della Polizia di Stato e il comandante dei Carabinieri Franco Fantozzi, realizzano missioni di due, tre mesi, per offrire un aiuto alla polizia locale nel caso dei sequestri di italiani.


Hanno anche dato sostegno alle famiglie e consigli utili ai connazionali di tutto il paese per diminuire il rischio di rapimento. I risultati si sono visti. Li abbiamo visti noi ma li hanno visti anche le bande dei sequestratori. E non è poco se consideriamo che una delle regole che seguono, in Venezuela e in ogni parte del mondo, è quella di attaccare bersagli facili e poco protetti. La presenza della Missione Antisequestro italiana, tra gli altri benefici, ha anche quello di fungere per sè stessa da deterrente diminuendo automaticamente il numero dei sequestrati italo-venezuelani. All’inizio del mese, per una nuova missione a tempo, due mesi esatti, è tornato in Venezuela unicamente il vicequestore Filippo Bonfiglio della Polizia di Stato. Franco Fantozzi non ha ottenuto il permesso dall’Arma dei Carabinieri che a quanto pare ha deciso di dire basta a questa altalena di partenze e ritorni di un esponente di alto livello come Fantozzi con incarichi di responsabilità in Italia che non ne permettono le rinnovate assenze. A maggio andrà via anche Bonfiglio e tutto lascia supporre che non ci sarà più neanche un suo ritorno. Se per coprire la loro assenza in Italia, alla Farnesina, si sta pensando di darci un contentino rinnovando missioni temporali con esperti diversi sarà bene ricordare che riuscire a districarsi tra il complesso mondo delle polizie nazionali e municipali e la Guardia Nazionale in Venezuela non è per niente facile. Richiede un lavoro minuzioso e delicato che Bonfiglio e Fantozzi hanno tessuto con estrema bravura. Altrettanto difficile è riuscire a discernere se i sequestri sono opera della guerriglia colombiana o venezuelana, dei paramilitari colombiani o venezuelani, o della delinquenza comune che diventa sempre più brava su questo fronte. I due tre mesi delle missioni temporali servirebbero ai nuovi funzionari per iniziare a capirci qualcosa, a tessere le prime reti di collaborazione, e basterebbe una parola sbagliata di uno solo di loro per creare resistenze difficili da smontare. Ecco perchè ci ostiniamo a chiedere una Missione Permanente Antisequestro composta da Filippo Bonfiglio e Franco Fantozzi o quanto meno uno di loro.


Di recente Salvatore Campisi è stato sequestrato e poi liberato dopo 45 giorni di reclusione. Proprietario di un’azienda agricola a Ciudad Ojeda, Campisi, al momento del sequestro, si era offerto al commando armato che aveva come obiettivo il padre anziano e di salute precaria. Sacrificio inutile, purtroppo. L’anziano genitore è morto dopo due settimane dal suo rapimento per un attacco di cuore. È vero, Salvatore Campisi è tornato a casa. Ma, chiediamo a chi in Italia deciderà sulle sorti della Missione Antisequestro. Si ha coscienza delle ferite, incurabili, che lasciano esperienze di questo genere? Si ha coscienza del fatto che il padre di Salvatore è morto perchè non ha resistito al dolore, all’ansia per il sequestro del figlio?


E alla collettività invece chiediamo. Resteremo ancora una volta con l’amaro in bocca, in silenzio, o saremo capaci di protestare agendo come una collettività unita, solida, cosciente dei propri diritti e del proprio valore?