Australia: AAA-lavoratori cercasi


Sydney Il Governo australiano presieduto dal Premier conservatore John Howard ha in agenda un piano di incremento del numero di visti di residenza permanente destinati a lavoratori stranieri specializzati. La proposta del Ministro dell’Immigrazione Amanda Vanstone, che gode del sostegno del Ministro del Tesoro Peter Costello e dello stesso Primo Ministro Howard, prevede la concessione, nell’anno finanziario 2005-2006, di circa 140 mila visti di residenza permanente. Si tratta del numero di concessioni più elevato degli ultimi 20 anni; solitamente il numero di concessioni annuali si attesta infatti intorno alle 80-90 mila unità.


Il provvedimento amministrativo, che deve essere ancora ufficializzato, si innesca nel più ampio pacchetto di riforme del mercato del lavoro che, insieme all’immigrazione, la privatizzazione dell’Università, delle scuole e del sistema sanitario pubblico, compongono il programma di base del nuovo Governo di coalizione australiano, rieletto nell’autunno del 2004.


Attualmente le giurisdizione australiana ripartisce e disciplina gli immigrati in tre grandi tipologie: quella della Family reunion, in base alla quale gli aspiranti immigranti possono beneficiare della sponsorizzazione da un parente che sia in possesso di cittadinanza australiana o di un visto di residenza permanente, quella degli Special elegibility migrants, che fa riferimento a agli ex cittadini australiani che intendano riacquistare la cittadinanza ed a certi cittadini della vicina Nuova Zelanda, ed infine quella dello Skilled migration stream, per immigranti in possesso di competenze professionali specialistiche .


Il programma skilled migration stream , che nel corso dell’anno finanziario 2003-2004 ha interessato 71.240 persone, vale a dire il 62,3 per cento del totale degli immigrati arrivati in Australia, gode attualmente del sostegno della grande industria nazionale e rappresenta l’autentico motore delle politiche migratorie del Paese. Come ha spiegato il Ministro dell’Immigrazione Amanda Vanstone, in un’intervista rilasciata al quotidiano Sydney Mornig Herald il 7 marzo scorso, «quello che dobbiamo fare con il programma di immigrazione, è rispondere ai bisogni; e questo significa importare persone con le competenze di cui l’industria ha bisogno ed importare laddove l’industria ha bisogno».


Il sistema di concessione dei visti, che in termini generali poggia su un sistema a punti, per quanto concerne lo skilled migration stream si basa, sinteticamente, sulle seguenti specifiche, l’assolvimento delle quali prevede l’assegnamento di un certo numero di punti: competenze, età, conoscenza della lingua inglese, esperienza nel campo di lavoro indicato, richiesta in Australia della professione specificata e dell’offerta di lavoro, qualifiche di studio o professionali ottenute in Australia, richiesta di emigrazione in aree rurali o metropolitane a scarso tasso di crescita, competenze del coniuge, bonus per coloro che hanno investimenti di un minimo di 100.000 dollari (circa 60.000 euro) in Australia.


– In Australia – spiega Pasquale Sgro, Docente di Economia di origini italiane presso la Deakin Business School di Melbourne, nello Stato di Victoria – non manca certo il capitale; al contrario vi sono settori dell’economia che pagano una carenza di manodopera altamente qualificata. Una formazione dei lavoratori locali, secondo valutazioni del Governo, richiederebbe costi troppo elevati in termini di tempo e di denaro e dunque si è optato per un’allargamento delle quote di concessioni di visti lavorativi.


Nell’opinione di Sgro, i cui genitori emigrarono in Australia dalla Calabria mezzo secolo fa, l’attuale situazione del mercato del lavoro locale rivela alcune analogie con quella venutasi a creare negli anni Cinquanta.


All’epoca, l’Australia aveva bisogno soprattutto di lavoratori manuali che si occupassero dell’edilizia o dell’agricoltura: mentre in quegli anni la necessità di manodopera era di carattere quantitativo, ora si tratta invece di un discorso di natura qualitativa, ma lo strumento adottato rimane lo stesso, vale a dire l’estensione dei visti lavorativi, anche se poi logicamente anche i meccanismi di concessione del visto sono divenuti maggiormente selettivi.


Quanto ai livelli salariali offerti, sempre secondo il docente italo-australiano, gli stipendi per i lavoratori specializzati sono leggermente superiori rispetto a quelli medi italiani, ma il costo della vita è in buona parte più basso, soprattutto per quello che concerne il cibo e ed il mercato immobiliare.


Circa la previdenza – conclude Sgro –, il sistema australiano combina pubblico e privato. Tutte le imprese devono pagare una somma agli enti previdenziali pari al 14 per cento dello stipendio mensile, mente il lavoratore versa l’equivalente del 7 per cento. Il totale va a formare la somma contabilizzata ai fini pensionistici.


Secondo l’opinione di Claudio Maria Paroli, giornalista italiano free-lance a Sydney, la decisione di incrementare il numero di visti di residenza permanente destinati a lavoratori stranieri specializzati deve essere messa in relazione con un Governo le cui mosse sono guidate in primo luogo da ragioni di portafoglio.


Si tratta di un Governo di orientamento neo-liberista che sarebbe piaciuto a Ronald Regan ed a Margaret Theacher. Se a livello di nuove tecnologie e dell’assistenza alla clientela rappresentata dai call center – prosegue– l’Australia ha avviato un processo di outsorcing in direzione della Malaysia e delle Filippine, nel campo dell’industria c’è una crescente domanda di manodopera.


Una manodopera che, sottolinea Paroli, il Governo australiano gradirebbe importare soprattutto dal Canada e dagli Stati Uniti, ma con scarso successo . «


– Americani e canadesi non hanno interesse a trasferirsi in Australia perchè il livello di reddito è inferiore a quello che possono garantire le industrie del loro paese; l’unico vantaggio può essere rappresentato dalla copertura sanitaria


La maggior parte dei nuovi arrivati proviene così dall’Asia, Cina in testa .


Quanto all’Europa, il legame con la ex madrepatria britannica è ancora prioritario, così come, al tempo stesso, l’opportunità australiana può rappresentare uno stimolo per lavoratori provenienti dai paesi scandinavi, dotati di buona conoscenza della lingua inglese. Proprio la lingua rappresenta invece un ostacolo per i candidati italiani ai visti australiani.


In Italia, la conoscenza dell’inglese ai livelli richiesti dai regolamenti sull’immigrazione australiani non è certamente diffusa. Inoltre, sebbene la società australiana non sia più sostanzialmente monoculturale come quarant’anni fa, chi proviene da paesi anglosassoni gode senza dubbio di una serie di privilegi a livello di ambientamento culturale.


Un’opinione non condivisa da Sgro, secondo il quale, soprattutto nelle grandi città come Sydney e Melbourne, per gli italiani l’integrazione può avvenire più rapidamente in virtù delle presenza di una numerosa e dinamica comunità italiana Un’integrazione favorita inoltre dalle possibilità di ottenere piuttosto agevolmente, dopo soli due anni di residenza ininterrotta nel Paese, la cittadinanza australiana, previo naturalmente il superamento di uno specifico esame.


Ma – tiene a precisare ancora Sgro – per un italiano, diventare australiano è piuttosto facile, in considerazione di un clima di grande favore che l’immagine degli italiani gode da almeno dieci anni a questa parte in Australia.


Quello della lingua – commenta infine Francesco Morfini, promotore dell’Associazione Italia-Australia, che, tra le sue varie attività, fornisce informazioni in merito all’iter da seguire per l’ottenimento di visti di studio o lavoro nella terra dei canguri – rappresenta in effetti un grosso scoglio per chi magari è in possesso di competenze specifiche tra quelle richieste in Australia, ma che per questa carenza è penalizzato; un vero peccato se si considera che molte delle professioni di cui in anni più recenti si è fatta richiesta, e penso soprattutto a quella di cuoco, potrebbero allettare lavoratori italiani.


Per questo motivo, Morfini suggerisce, a chi è interessato a trasferirsi in Australia, di pianificare prima un periodo di studio linguistico in loco