CGIE: fuori Nardelli nominato Cario


Buenos Aires

– Gaetano Cario è stato nominato consigliere del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). Primo dei non eletti nelle elezioni per la composizione del parlamentino degli italiani nel mondo che si sono svolte nel luglio 2004, l’editore italo-argentino prende il posto di Francisco Fabián Nardelli, consigliere eletto, del quale si sarebbe accertata, secondo fonti della segreteria del CGIE, la irregolarità della cittadinanza italiana.


La nomina non è ancora ufficiale, ma l’Ambasciatore d’Italia in Argentina Roberto Nigido ha dato comunicazione della nomina allo stesso Cario. Secondo la legge, infatti, la nomina in caso di vacanza di un posto nel Consiglio andrebbe al primo dei non eletti: sarebbe risultato primo Mario Frizzera, defunto, e comunque già consigliere di nomina governativa; di conseguenza, la nomina passa all’editore de «L’eco d’Italia».


La notizia di questa possibile sostituzione era stata già anticipata qualche settimana fa proprio dal settimanale «L’Eco d’Italia» che ora si rallegra della nomina del proprio editore.


«Rappresenta uno spazio recuperato alla verità e alla legalità – commenta una nota firmata da Enzo Rapisarda, giornalista della testata italiana d’Argentina -, provando ufficialmente che, su quanto si era ‘ventilato’ precedentemente, la cittadinanza italiana che era stata riconosciuta al Nardelli per ‘ius sanguini’ non godeva dei completi requisiti per l’acquisizione, esistendo dei dubbi in quanto ‘viziata’ dal punto di vista giuridico. Sotto questo aspetto – continua – si sta assistendo ad una revisione delle documentazioni prodotte dai Consiglieri con doppia cittadinanza, dato che può sempre verificarsi la famosa ‘svista’ o ‘chiusura’ di un occhio, a danno della legalità, attuando con una certa «superficialità» nella fase di verifica dei documenti presentati in Consolato».


Il riconoscimento dell’irregolarità sarebbe avvenuto casualmente, nel Consolato Generale di Bahia Blanca, cui appartiene Nardelli, nel corso di una pratica di cittadinanza di un parente dello stesso consigliere, ma era stato lo stesso Cario a denunciarlo. Pur «riconoscendo in lui, capacità e preparazione», Rapisarda commenta che «non può essere un requisito che possa sostituirsi alla legalità e al diritto di legge».