L’addio a Hariri, Beirut paralizzata dai funerali


Beirut – Centocinquantamila persone hanno tributato l’ultimo saluto all’ex primo ministro Rafik Hariri, ucciso lunedi’ scorso sul lungomare di Beirut insieme a altre 13 persone dall’esplosione di un’autobomba. Il centro della capitale libanese e’ stato paralizzato da una marea umana che ha accompagnato il feretro, avvolto nella bandiera nazionale, fino alla moschea sunnita di Mohammad al Hamin, in Piazza dei Martiri.


Oltre alla tomba di Hariri il tempio incompleto, edificato dopo la fine della guerra civile (1975-90) con i fondi offerti dall’ex premier, accogliera’ anche quelle dei sette agenti di scorta periti nell’attentato dinamitardo.


«Beirut piange per il suo martire, Beirut saluta Rafik Hariri», recitava uno striscione. Prima che la processione si muovesse verso la moschea di Mohammad al Amin, la gente – con centinaia e centinaia di bandiere e ritratti del «padre della ricostruzione» postbellica – si era ammassata nelle adiacenze della residenza di Hariri, nella parte occidentale di Beirut.


Dalla folla si erano levati slogan di condanna per il regime siriano, sospettato dai rappresentanti dell’opposizione libanese di essere il mandante dell’assassinio di Hariri, accompagnati dall’invocazione «Via la Siria».


«Ascolta bene, ascolta bene: la Siria e’ la sorgente del terrorismo», e’ stato uno degli slogan scanditi dai presente. Tale era la ressa che il figlio di Hariri, Bahaa, sollevatosi su una mare di teste con l’aiuto di alcuni collaboratori, ha chiesto attraverso un altoparlante di lasciare un varco per il feretro.


«Per favore fatevi da parte, vogliamo pregare per la sua anima», ha implorato.