“Valigie. Migranti e profughi… ieri e oggi”

Torino. – Il Centro interculturale di Torino parla di “Valigie. Migranti e profughi… ieri e oggi”. Attraverso una serie di seminari a tema, l’obiettivo è quello di esaminare i principali flussi migratori in entrata e uscita che hanno interessato gli ultimi due secoli della storia italiana.
Dopo numerosi laboratori didattici e iniziative culturali organizzati negli anni dal centro torinese in materia di emigrazione ed immigrazion, “la novità di questa iniziativa è data dal fatto che si è organizzato un corso autonomo con una propria visibilità” spiega Ada Lonni, docente di storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino, tra i relatori del corso stesso . La tematica affrontata risulta essere di grande importanza su più di un fronte. Innanzitutto per coloro che ne fruiranno, sia italiani che stranieri, rappresenta un modo per collocare il percorso migratorio in un contesto più definito.
– L’ iniziativa – ha commentato – andrà incontro agli italiani la cui la memoria del proprio passato è spesso scarsa, intrisa di retorica e poco realistica . Per gli stranieri, l’ iniziativa costituisce un modo di raffrontare la propria esperienza con quella del paese che attualmente è divenuto quello di accoglienza ma che nel passato era il paese d’esodo.
Considerato poi il quadro internazionale, un panorama che servirà a comprendere come l’immigrazione in Italia non sia il prodotto di una storia che si snoda tra pochi paesi, ma rientri in un disegno che va oltre le dimensioni locali. Analizzate poi analogie e differenze, al fine di poter cogliere l’essenza dei flussi migratori e non considerare ogni momento come a se stante in termini di caratteristiche e in termini di quantità.
Così si scoprirà come il progetto migratorio sia molto simile nei vari periodi storici. E come si ripeta nel corso del tempo. Nelle sue aspirazioni, nei suoi sogni, la sua voglia di fuggire da situazioni di difficoltà economica e anche politica. Non solo profughi e rifugiati oggi, ma anche nel passato, come gli anarchici toscani di inizio secolo. Poi coloro che fuggivano dal regime fascista utilizzando le reti migratorie economiche. Per arrivare alle analogie di genere .
– Molto spesso nei percorsi migratori è facile trovare analogie e comportamenti simili all’interno dell’emigrazione femminile.
Donne italiane che emigravano nel 1800-900: “Partivano dal Piemonte verso la Francia, per esempio, o dalla Calabria verso le comunità italiane del Nord Africa” . Vi andavano come serve , come si diceva all’ora, oppure per fare le balie, proprio come accadeva nel periodo medioevale. “Solamente che nel periodo migratorio la balia è divenuto un mestiere da esportare”. Spesso gravidanze non desiderate hanno fatto si, nella storia, che ci si liberasse del bambino in quanto testimonianza della colpa .”Donne che rimaste incinta lasciavano il bimbo all’orfanotrofio per emigrare. Guadagnavano un po’ di denaro, la dote necessaria per un matrimonio regolare”. Questo ha fatto sì che si aiutasse il percorso di emancipazione della donna all’interno della comunità. Un percorso che permetteva di ritornare con una nuova dignità.
-Alle emigrate attuali – spiega Lonni – non sono richieste capacità ne abilità professionali. Si richiede di ricoprire ruoli specificamente femminili; si chiede loro di fare le assistenti agli anziani o di svolgere lavori domestici. Lavori legati al fatto di essere donna indipendentemente dal titolo di studio posseduto.
In tal modo si sfrutta nuovamente una capacità e una possibilità di genere.
– Nonostante la sofferenza e le relative difficoltà questo aspetto permette alle donne di uscire da società a volte molto chiuse di iniziare un percorso di emancipazione.
Di lunga data risultano essere, nello specifico, i flussi migratori piemontesi che risalgono al 1700. Si parla soprattutto di emigrazione temporanea .
– Vi erano rapporti privilegiati con la vicina Francia grazie per esempio dalle maggiori possibilità linguistiche – prosegue la docente. Il Paese sembrerebbe aver sempre visto di buon occhio l’arrivo degli italiani.
– La Francia è sempre stata colpita da problemi demografici. Gli emigrati italiani – agginge l’esperta – si adattavano immediatamente alla situazione linguistica alle abitudini ed erano molto stimati dal punto di vista professionale, soprattutto nel settore edilizio. L’ emigrazione verso la Francia è continuata fino agli a anni ’20 quando altre frontiere si erano chiuse, come per esempio quella degli Stati Uniti.
Grande direttrice di emigrazione anche il Sud America.
– In particolare dalle Langhe vi è stato un grande esodo verso l’Argentina. Dal biellese gli emigrati hanno raggiunto ogni parte del mondo. Molti con grandi capacità imprenditoriali sono arrivati in Brasile. Altri sono arrivati in Cina, Sud Africa, Nord America, India e Medio Oriente. Dal novarese si raggiungeva la Pianura Padana per la stagione del raccolto del grano o dei cereali ed anche la Costa Azzurra; a Grasse si andava per la raccolta dei fiori e delle olive.
Poi un’ emigrazione sempre di tipo stagionale che si è consolidata verso la fine dell’800. Aveva il chiaro obiettivo di mantenere lo status quo in Piemonte sulla situazione demografica ed economica introducendo un reddito in più che consentiva di non stravolgere l’assetto.
Il Piemonte è sempre stato molto consapevole della sua storia migratoria. Molto efficace all’ epoca una rete di associazionismo in favore degli emigranti .
Il prossimo appuntamento presso il Centro interculturale di Torino è previsto per giovedì 3 febbraio: sarà dedicato all’ immigrazione in Italia. Giovedì 10 febbraio si parlerà invece di rifugiati e diritto d’asilo mentre giovedì 17 di nomadismo e sedentarietà. Nella serata conclusiva di giovedì 24 febbraio al centro della serata sarà invece «L’avventura in Argentina: in viaggio con gli emigranti»