Missionari italiani a raccolta

Roma – Un riconoscimento al prezioso impegno dei missionari italiani. Il primo Convegno mondiale dei missionari nel mondo, organizzato dalla Fondazione Migrantes, dal Ministero per gli Italiani nel Mondo con la collaborazione dei missionari scalabriniani, si svolgerà dal 22 al 24 febbraio prossimo a Roma.
L’evento, che vedrà protagonisti religiosi al servizio delle comunità italiane all’estero, prevede momenti di testimonianza del lavoro svolto silenziosamente, e a volte eroicamente, da centinaia di sacerdoti e suore che fin dalle prime ondate migratorie sono stati vicini ai connazionali emigrati. Durante i tre giorni di lavori non mancheranno momenti di riflessione sulle principali problematiche e sulle nuove sfide dell’emigrazione italiana: dalla connotazione dei nuovi flussi migratori (studenti, tecnici, nuovi poveri) ai servizi specializzati che le comunità italiane all’estero chiedono agli operatori pastorali (centri studi, case per anziani, stampa di emigrazione, etc.).
I missionari italiani in emigrazione, cui questa iniziativa intende dare visibilità e voce, verranno inoltre ricevuti dalle massime autorità religiose ed istituzionali .
– Oggi, le comunità italiane all’estero sono profondamente cambiate e sono arricchite dalle nuove generazioni – spiega Monsignor Lino Belotti, vescovo ausiliare di Bergamo e presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni (CEMI) -. Sono diventate una risorsa per la convivenza pacifica tra i popoli, sentono fortemente il vincolo con la nazione madre, cercano relazioni e scambi e sono impazienti di attivare la partecipazione diretta quali cittadini a pieno titolo, in particolar modo con l’esercizio del diritto di voto.
Padre Beniamino Rossi, responsabile dei padri scalabriniani in Europa e Africa, non nasconde la sua soddisfazione per l’organizzazione dell’evento.
– Non me lo aspettavo – dice – , così come tanti altri miei colleghi, anche se sapevo che era un desiderio del Ministro Mirko Tremaglia. E’ il giusto riconoscimento del lavoro più che centenario dei missionari italiani . E’ importante recuperare la memoria anche per capire il fenomeno dell’immigrazione in Italia di oggi.
Il movimento missionario italiano è nato nel corso dei secoli ‘500 e ‘600, di fronte al problema della diffusione in Europa del protestantesimo. In quel periodo nacquero infatti i primi movimenti, non formalizzati, di assistenza dei sacerdoti italiani in Europa.
– Fino all’800 non vi furono cambiamenti di sorta – spiega Matteo Sanfilippo, docente di Storia Moderna presso l’Università della Tuscia di Viterbo e autore del saggio «Chiesa, ordini religiosi ed emigrazione» in «Storia dell’emigrazione italiana. Partenze» (Donzelli 2001). – Poi, nel 1844 – continua – si dovette affrontare il problema della comunità italiana di Londra, cresciuta al punto da avere bisogno di una vera e propria parrocchia. L’ordine dei padri pallottini si vide affidare questo compito e così nacque la chiesa di San Pietro a Clerkenwell: fu il primo esempio di ‘parrocchia nazionale’ e da lì tutte le varie comunità presero esempio.
Fino al 1875 nessuno si pose il problema di come reclutare i missionari : si ricorreva ai vari ordini oppure alla decisione dei singoli preti.
– Solitamente si trattava di sacerdoti che avevano creato problemi nelle loro città – continua il docente –, e allora si capì che si doveva intervenire in qualche modo «.
L’iniziativa di due vescovi amici, a cavallo del 1900, sotto i pontificati di Leone XIII e Pio X, fu determinante in tal senso: m onsignor Giovanni Battista Scalabrini di Piacenza, che fondò i Missionari di San Carlo, formati appositamente per gli Stati Uniti e il Sudamerica, e monsignor Geremia Bonomelli di Cremona, che si dedicò più a Europa e Mediterraneo. La loro azione fu importante anche per la creazione in un secondo momento in Vaticano di un ufficio apposito per l’emigrazione .
– Monsignor Scalabrini decise di agire in tal senso dopo una sua visita alle comunità italiane in Brasile e negli Stati Uniti – spiega Padre Beniamino Rossi – che lo portò a scrivere una lettera al Papa Pio X. Nella missiva sottolineava come il non aver seguito adeguatamente gli emigrati avesse portato notevoli danni alla loro fede: ‘in soli 30 anni di mancata assistenza, scriveva, abbiamo perso più credenti di quanti ne possiamo aver guadagnato in 100 anni di missioni in Asia e in Africa’.
Nel corso degli anni si sono registrati anche alcuni casi di disobbedienza dei singoli missionari verso Roma. Ad esempio nel periodo del fascismo, quando molti religiosi si schierarono contro la posizione della Chiesa e contro la firma dei Patti Lateranensi. Poi negli anni ’50 vi furono scontri tra i sacerdoti che tendevano a seguire la politica democristiana e coloro che erano più vicini al socialismo:
– La giovane età dei missionari, che di solito partivano al termine del loro periodo in seminario – spiega Sanfilippo – faceva sì che la loro formazione politica avvenisse nel luogo di destinazione. I preti che si trovarono insieme ai minatori in Francia, ad esempio, si avvicinarono nettamente al comunismo e si schierarono con i movimenti di unità dei lavoratori, attirando critiche e reprimende dal Vaticano.
Le celebrazioni e la memoria del mondo missionario riguardano quasi esclusivamente uomini .
– Il problema – conferma lo storico – è dovuto alla pressoché totale mancanza di documenti che accertino l’importanza delle donne. Se da un lato è ovvio che i missionari, in quanto preti, fossero tutti uomini, non andrebbe tralasciata l’importanza delle suore nelle strutture affiancate alle chiese, e cioè ospedali, scuole, orfanotorofi. E’ una galassia purtroppo poco nota – a parte alcuni casi, come quello di Suor Francesca Cabrini – a causa della mancanza di archivi.
E nel programma del convegno di Roma emerge anche questo.
L’importanza delle missioni italiane all’estero va oltre il significato puramente religioso. Le parrocchie davano alle varie comunità la possibilità di usufruire di molti servizi che altrimenti sarebbero stati preclusi.
– Se da un lato non ebbero una grande importanza nella salvaguardia della lingua italiana, che con il proseguire delle generazioni si è un po’ persa, furono fondamentali – ribadisce il docente – come luogo di ritrovo per far sì che gli emigrati non si sentissero stranieri .
Ma l’azione dei missionari é servita per legare di più gli emigrati all’Italia?
– Sì – sostiene Sanfilippo –, in molti casi i missionari sono attivi nelle reti sociali degli emigrati e svolgono un ruolo importante . Non c’è più ricambio e dobbiamo reinventare la nostra posizione – dice il responsabile dei padri scalabriniani – aiutando la seconda e la terza generazione di emigrati ad integrarsi.