I poveri ci sono ma noi non abbiamo saputo vederli


MARACAIBO:- Dal Consolato Generale di Maracaibo nel 2003 sono tornati al Tesoro italiano circa 100milioni di bolívares dei fondi inviati dal MAE per l’assistenza sociale. Eppure, per quanto ci riguarda, e ci affidiamo alle informazioni fornite da persone di provata onestà che da tempo si occupano di assistenza, anche nella zona “ricca” del paese, lì dove il suolo è generoso di petrolio e altre materie prime, sono molti gli italiani che faticano ad andare avanti, travolti dagli stessi mali che hanno trasformato in disperazione corrosi sogni di successo.


È una somma considerevole e lo ammette anche il Console Guido Bilancini che ce ne spiega le ragioni. “I soldi sono stati rimandati indietro innanzi tutto perchè nessuno li ha richiesti. Quando abbiamo capito di avere una giacenza ci siamo messi a caccia del bisogno e non siamo riusciti a trovarlo.”- Eppure, per quanto ne so io, ci sono associazioni, e cito in particolare il Coasit, che da tempo si occupano di assistenza e certamente sapevano a chi potevano essere dati i fondi in giacenza!– Certo, ma mi lasci terminare. In realtà noi ci siamo trovati con un’eccedenza perchè, a causa della doppia svalutazione (Bolívar-dollaro e poi dollaro-euro), i soldi a nostra disposizione sono diventati più di quelli che avevamo preventivato.-


– Vuole dire che avevate troppi soldi?– Diciamo che sono arrivati troppi soldi rispetto alla capacità di spesa della nostra rete. È come avere un serbatoio pieno ma un rubinetto troppo stretto. Quell’aumento, dovuto allo svantaggio, o vantaggio… insomma dipende dai punti di vista, della svalutazione, sommato alla nostra strozzatura ha portato alla restituzione dei fondi. In quel momento io ho preso coscienza di un qualcosa che mi ha sorpreso molto e cioè che il Consolato non faceva sufficiente pubblicità per l’assistenza.-


– Scusi lei da quanto tempo era a carico del Consolato?- Da un anno.-


– E solo in quel momento si è reso conto della mancanza di pubblicità e della conseguente giacenza dei fondi per l’assistenza?– La strozzatura non è facile da vedere finchè non ci si trova davanti al fatto.-


– Ma in Consolato non c’era qualcuno addetto all’assistenza sociale?– C’era ma dopo l’accaduto io ho deciso di prendere sotto la mia direzione questa sezione. Sa, come diceva Napoleone, se un ordine può essere malinterpretato lo sarà e io, senza essere Napoleone, credo sia una teoria giusta. Per evitare malintesi ho preso questo capitolo sotto la mia diretta responsabilità. Voglio essere chiaramente cosciente di quello che si fa.-


– Eppure, ripeto, già allora c’erano rispettabilissime persone all’interno di strutture come il Coasit che lottavano per aiutare chi ne aveva bisogno.– Noi non abbiamo mai rifiutato un sussidio a nessuno. Almeno questa era la mia indicazione.-


– Vuole dire dunque che le associazioni assistenziali tipo il Coasit non segnalavano i casi degli indigenti?– Forse anche loro si sono trovati impigliati nei nostri problemi organizzativi.-


– Significa che non sapevano a chi rivolgersi in Consolato?– No, forse coprivano solo l’area dello Zulia. Mancava invece chi seguisse con uguale attenzione i casi degli altri stati. Soprattutto Táchira e Trujillo hanno collettività italiane invecchiate e bisognose di aiuto.-


– Per il 2004 manderete ancora indietro altri fondi?– No, per il 2004 spenderemo tutto, anzi se avessimo di più sarebbe meglio.-


– Quindi questa volta la caccia ha dato buoni risultati. Gli indigenti sono spuntati fuori.– Abbiamo solo cambiato metodo di lavoro. Devo premettere che la nostra struttura periferica era ancora calibrata sui bisogni di una collettività che non aveva ancora vissuto il pieno della crisi economica, aggravatasi proprio nel 2003 dopo lo sciopero generale. La struttura era vecchia e andava adeguata. Inoltre, seguendo indicazioni ministeriali, avevamo deciso di portare avanti un progetto di convenzione sanitaria per il quale erano stati accantonati circa 40 milioni di bolívares. Poi, all’ultimo momento, non abbiamo potuto concludere il progetto perchè il numero degli assistiti sanitari non era sufficiente per giustificare una convenzione di questo tipo. E allora ci siamo ritrovati in mano anche quei soldi. –


– Tornando al 2004, ora che finalmente avete potuto constatare che gli indigenti italiani esistono il MAE ha tagliato di un 20 per cento i fondi per l’assistenza. –- In termini reali sì, ma la svalutazione del bolívar ricompensa un po’.-


– E l’inflazione aggrava molto di più.– Il taglio ha riguardato tutta la rete.-


– Ora come vi state organizzando?- – Oltre a dare una maggiore pubblicità al lavoro assistenziale abbiamo cambiato interamente la struttura nelle capitali della circoscrizione. Originalmente essa era fondata sulla presenza di un console onorario che, in genere, non aveva nessun coordinamento con il Coasit e faceva affidamento soltanto sulle sue forze. Adesso invece in ogni città capoluogo dei quattro stati della circoscrizione, Trujillo, Zulia, Táchira, Mérida e Falcón, sarà istituita una troika con un rappresentante onorario, un assistente sociale pagato dal Consolato e un rappresentante del Coasit. Inoltre abbiamo chiesto la collaborazione dei centri sociali per individuare la povertà nascosta. Quella che conoscono solo pochi amici e fatica a rivolgersi alle autorità consolari. Per ora già stiamo operando con successo in alcune capitali, e per l’inizio del prossimo anno contiamo di essere presenti in tutta la circoscrizione. Inoltre stiamo riavviando la proposta assicurativa perchè ora abbiamo un numero sufficiente di assistiti sanitari.-


– Quanti?– Non ho le cifre sottomano ma sono senz’altro più di duecento. Ciò che non riesco a capire, perchè non ho gli elementi statistici, è se il fenomeno è destinato ad aumentare.-


– Senza dover spulciare troppo tra le statistiche mi pare che questa tendenza sia abbastanza chiara.– In effetti il trend è in ascesa ma non so se continuerà.-


– È vero che a Maracaibo per accedere al sussidio l’italiano deve presentare un certificato di indigenza erogato dalle autorità locali?– Si, è vero, e in questi giorni da più parti mi è stato sollevato questo problema. Bastava me lo dicessero prima e lo avremmo tolto. Io mi sono attenuto a quello che fanno in altri paesi in cui l’assistenza sociale funziona bene.-


– Non ha pensato all’umiliazione che significa per un emigrante italiano doversi recare presso un’autorità locale e chiedere un certificato di indigenza? Non crede che uno dei motivi dell’indigenza sommersa era proprio legata a questa richiesta?– No, confesso che non l’ho pensato. In questo caso è prevalso il burocrate e ho seguito un regolamento.-


– Ora che l’ha capito continuerà a richiederlo?– No, assolutamente. Seguiremo le regole del Consolato generale di Caracas.-


– Purtroppo i vostri errori hanno fatto un grosso danno alla nostra comunità, proprio alle fasce più deboli, quelle più bisognose dell’aiuto dell’Italia. Nella relazione che avete mandato in Italia avete specificato che i soldi sono tornati indietro per una disorganizzazione interna vostra e non perchè in Venezuela siamo tutti ricchi, felici e di successo?– L’ho detto implicitamente quando ho presentato la richiesta per il 2004. In quell’occasione ho spiegato le ragioni per cui stavamo rimandando indietro i fondi del 2003 e perchè prevedevamo di spendere tutto il contributo 2004.-


– Non crede che sarebbe bene dirlo anche esplicitamente per chiarire definitivamente a Roma che anche in Venezuela abbiamo bisogno di aiuto?– Certo, lo faremo. E poi lo ha detto anche il nostro Ambasciatore che la restituzione dei fondi è stata causata da un problema nostro e non dalla mancanza di bisogno all’interno della collettività.-