Più indigenti meno soldi


CARACAS.- Una giustificata, corale indignazione ha suscitato l’informazione, fornita al nostro giornale dall’ambasciatore Gerardo Carante, secondo cui ben centomila euro inviati dal Ministero degli Esteri italiano per l’assistenza sociale sono stati rimandati al mittente. Come se nella nostra collettività non ci fossero persone che ne hanno estremamente bisogno, come se fossero solo ombre tutti i connazionali che ogni giorno si rivolgono, in cerca di aiuto, alla Missione Cattolica di Caracas, alle altre parrocchie e alle associazioni che, in tutto il paese, sono sorte spontaneamente per aiutare chi, fra di noi, ha lavorato tanto ma non ha avuto fortuna. Persone che prodigano ore e ore del proprio tempo a questo lavoro sociale, senza ricevere nè stipendi nè prebende, nonostante i comprensibili momenti di sconforto. È necessario far capire in Italia, nelle stanze che contano, che il benessere della collettività del Venezuela si sgretola, giorno dopo giorno, per tantissime ragioni, prime fra tutte l’invecchiamento dei pionieri e la necessità di cure mediche. Ma non solo. La crisi del paese ha lasciato molti di loro disoccupati e i figli, quando ci sono, lavorano e vivono con i modesti stipendi che percepiscono

anche professionisti di alto livello come i professori universitari.


Se consideriamo i costi di una famiglia con ragazzi in età scolastica, capiamo bene quanto sia difficile per un figlio farsi carico anche dei genitori anziani e malati. Questa è la classe media di ieri che ogni giorno diventa più povera ed è costretta a chiedere aiuto soprattutto quando una qualsiasi malattia richiede cure costosissime o ricoveri.


Purtroppo l’Italia fa fatica a recepire questa realtà. Nella Venezuela “saudita” è quasi imbarazzante parlare di povertà italiana. Lasciamo i poveri all’Argentina, magari al Brasile. Purtroppo, però, i “nostri” poveri sono persone in carne ed ossa che soffrono quotidianamente e che è nostra responsabilità non abbandonare. Farlo significherebbe abbandonare la nostra identità di collettività, il nostro senso di appartenenza, quei valori di solidarietà che hanno aiutato i pionieri ad andare avanti nonostante le difficoltà che apparivano sul cammino.


Dopo la conversazione avuta con il nostro ambasciatore Gerardo Carante abbiamo considerato doveroso chiedere ai Consolati (in quest’occasione a quello, più grande, di Caracas e in seguito

a quello di Maracaibo) le ragioni che hanno avuto per rimandare indietro una parte dei fondi che il MAE ha assegnato loro per l’assistenza sociale.

Il console generale Fabrizio Colaceci dopo aver sottolineato che dal Consolato di Caracas su un miliardo di bolívares sono stati restituiti, per mancata spesa, circa 40 milioni, ossia circa il 4 per cento del totale aggiunge: “La causa è dovuta ad un fenomeno legato alla programmazione che deve necessariamente basarsi, all’inizio dell’anno, su una stima di interventi che possono subire modifiche, anche sensibili, nel corso dell’esercizio, via via che vengono esaminati tutti i singoli casi. Rimpatri, partecipazioni alle spese funerarie delle famiglie in stato di necessità, la stessa entità delle spese mediche da rimborsare sono altrettanti fattori variabili e sicuramente dipendenti dall’evolvere della situazione congiunturale. Inoltre si tiene sempre presente, sino all’ultimo, un modesto accantonamento per casi di emergenza che in una situazione come quella venezuelana sono purtroppo sempre all’ordine del giorno.-


È vero 40 milioni di bolívares su un miliardo non è una gran cifra ma in ogni caso ci sembrano tanti se pensiamo a quante medicine per i diversi ambulatori che aiutano i connazionali si sarebbero potute acquistare e quante persone se ne sarebbero potute beneficiare.


– In realtà nel 2003 eravamo impegnati nella realizzazione di un progetto che speravamo di poter concludere prima della fine dell’anno. Si tratta di una casa per bambini abbandonati. Ne avevamo parlato anche con il Comitas e le altre associazioni ma, purtroppo, non siamo riusciti a trovare uno stabile adeguato e all’altezza della nostra disponibilità economica. –


– Perchè non li avete spesi diversamente quando vi siete accorti dell’impossibilità del progetto? Per esempio acquistando medicine?-


– Era la fine dell’anno e alla fine dell’anno i soldi non spesi vanno restituiti. Inoltre per fare una convenzione per i medicinali lo sforzo economico è ben superiore.-


– Possiamo sperare che non si ripeta, negli anni a venire, una situazione come questa per cui un progetto cade all’ultimo minuto e i soldi devono essere rimandati indietro?-


– Il progetto non è caduto all’ultimo minuto. Purtroppo all’ultimo minuto non è stato possibile realizzarlo. E comunque noi dobbiamo mantenere, fino all’ultimo, un risparmio per fronteggiare eventuali emergenze.-


– La restituzione dei fondi, come ha giustamente detto anche il nostro ambasciatore, potrebbe fare un doppio danno alla nostra collettività. E forse il più grave è quello di far credere all’Italia che qui non ne abbiamo bisogno.-


Roma sa perfettamente che un taglio fisiologico non corrisponde nel modo più assoluto alla mancanza di bisognosi. Lo sa perchè riceve puntualmente dal Consolato Generale di Caracas i dati che indicano una crescita dei casi di assistenza. Negli ultimi due anni abbiamo avuto un aumento del 25 per cento su base annua e, dalle informazioni che ci pervengono dal mondo dell’associazionismo e dalla rappresentanza eletta della comunità, sappiamo che in moltissimi casi i bisognosi non sono neanche censiti. Se riuscissimo ad arrivare anche alla popolazione che è all’interno del Venezuela, lontano dai Consolati, credo che questo 25 per cento risulterebbe una misura modesta.-


– Fino ad oggi i sussidi in euro vengono pagati direttamente in bolívares. Non esiste una possibilità di darne, almeno una parte nella valuta originale, come accade con le pensioni?-


– Noi ci atteniamo alla normativa ministeriale che indica che i sussidi devono essere pagati in valuta locale in ogni parte del mondo. Non possiamo equiparare i sussidi con le pensioni che sono concesse in base a parametri ben precisi. –


– Quanti indigenti sta aiutando il Consolato in questo momento?-


– Il numero di coloro che dall’inizio dell’anno a oggi hanno già ricevuto un sussidio diretto è pari ad 811 persone. In totale gli indigenti sostenuti anche tramite il sistema associativo sono, nella sola circoscrizione consolare di Caracas, poco più di 2000. La nostra stima è che il bacino dei potenziali utenti degli aiuti sia però di circa 4-5 mila persone, includendovi evidentemente membri della famiglia con cittadinanza italiana. Su una popolazione anagrafica di 120.000 persone il dato – che percentualmente rappresenta il 4/5% del totale – può non sembrare a prima vista significativo. Ma quello che è significativo è l’aumento del 25 per cento che si è verificato negli ultimi due anni e che, lo ripeto, è destinato a crescere. Vi ha contribuito sicuramente l’invecchiamento della popolazione italiana ma anche fattori congiunturali che hanno visto accrescersi notevolmente le difficoltà da parte di fasce della popolazione che in passato era al riparo dal fenomeno della nuova povertà. Per un più efficace monitoraggio della realtà il Consolato, da più di due anni, ha costituito anche un gruppo chiamato di “Solidarietà”.-


– Eppure, nonostante questi dati, senza dubbio allarmanti, il contributo per il 2004 ha subito una decurtazione del 20 per cento che, unita all’inflazione, significa una drastica riduzione delle possibilità di aiuto.-


– La riduzione va attribuita alla forte decurtazione che ha subito il pertinente capitolo di bilancio nella Legge finanziaria 2004, nella misura di circa il 40%. Si tratta di tagli che hanno riguardato tutta la rete e non mi risulta che il Consolato Generale di Caracas ne sia uscito più penalizzato della media mondiale.


La maggior parte dello stanziamento ottenuto è stato utilizzato per venire incontro a casi di assistenza sanitaria in quasi tutto il paese. Va notato che su una base di circa 1.000 Euro a persona quale tetto massimo previsto dalla normativa, i soli assistiti sinora (primi dieci mesi dell’anno) avrebbero comportato già un esborso di oltre ottocentomila Euro. Come vede, siamo ben al di sotto del necessario…-


Panorama oscuro, quello che si profila, soprattutto se consideriamo che per il 2005 la Finanziaria minaccia tagli ancora più drastici, la nostra inflazione non accenna a diminuire e i bisognosi sono sempre di più. Eppure se c’è un capitolo che non dovrebbe subire decurtazioni è quella destinato all’assistenza sociale. È un dovere nostro come collettività, delle nostre rappresentanze elette e delle associazioni, lottare affinchè ciò non accada ma è anche dovere delle rappresentanze diplomatiche far capire che in Venezuela certe problematiche sono destinate a crescere e che, tenendo conto dell’inflazione del paese, come ha ben spiegato l’ambasciatore Carante, ogni decurtazione si aggrava ulteriormente. Tanto più alla luce di decisioni, realmente difficili da capire, secondo cui il capitolo

destinato all’insegnamento della lingua italiana, non ha subito alcun taglio.

– Sono d’accordo sul fatto, e lo dimostra la tendenza degli ultimi anni, che aumenterà in futuro il numero dei connazionali bisognosi. Innanzi tutto per problemi di salute. Proprio per questo stiamo lavorando da tempo su un progetto per fare un accordo che consenta una copertura assicurativa con la quale dare la possibilità di usufruire, in tutto il paese, di un servizio medico decente a chi ne ha bisogno. È il progetto più grande sul quale stiamo lavorando e speriamo di poterlo portare avanti perchè credo che la risposta più urgente da dare, per arginare l’indigenza, è quella che assicuri una copertura medica. Abbiamo anche chiesto un aumento sul contributo per lo meno per bloccare l’inflazione.-


Dal momento che non di solo pane vive l’uomo c’è da augurarsi anche che, chi in Consolato ha la responsabilità di aiutare i bisognosi sappia farlo senza dimenticare mai il rispetto che loro meritano. Chiedere aiuto per un emigrante è molto duro. Tutti sappiamo quanto sia stata difficile la vita per chi si è lasciato alle spalle la patria e, se la fortuna tanto sognata non è arrivata o ci è scappata di mano, non è certamente perchè non si è lavorato a sufficenza. È imprescindibile che, in un luogo che rappresenta l’Italia, queste persone si sentano accolte con gentilezza ed umanità. Al proposito il console Colaceci ci dice:


– Agevolare il rapporto individuale, personale con il connazionale è un dovere specifico di questo Consolato per tutti i settori e lo è in modo speciale per l’assistenza.-